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Find out moreThe new restoration project involve the central fountain, the fountains of the quarters, of Theophrastus and of the Four Seasons
Find out moreSpecie botaniche
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Taxus baccata
Il tasso è un relitto dell'epoca Terziaria, ancor oggi diffuso allo stato spontaneo in tutte le regioni d’Italia, ma solitamente raro in natura (è più frequente come pianta ornamentale in parchi e giardini); solo in poche regioni esistono ancora boschi dominati dal tasso, per esempio in Sardegna, ove mancando il faggio il tasso si associava con l'agrifoglio nelle foreste montane più umide. Tutta la pianta, compresi i semi, è molto velenosa (salvo l'arillo carnoso che circonda il seme che ha sapore dolce ed è commestibile) per la presenza dell'alcaloide tassina; da qui il nome volgare 'albero della morte'. È un albero molto apprezzato dal punto di vista ornamentale, anche per la costruzione di siepi, poiché sopporta bene le potature e resiste all'inquinamento. Ha legno duro, pesante e omogeneo e può vivere fino a 2.000 anni. Il nome generico deriva dal greco 'taxos', con significato di arco, per il fatto che il legno si prestava alla fabbricazione di archi; il nome specifico si riferisce agli arilli rossi simili a bacche. Forma biologica: fanerofita scaposa. Periodo di fioritura: aprile-maggio.
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Cymbopogon citratus
Questa graminacea perenne è tipica delle regioni tropicali del sud-est asiatico dove i suoi densi ciuffi tondeggianti possono arrivare quasi adue metri di altezza; le foglie, lunghe e sottili, si sviluppano una nella guaina dell’altra così da creare un anello fogliare inspessito alla base e, se stropicciate, liberano un aroma di limone da cui il termine di “lemon grass”. L’infiorescenza, prodotta raramente perché la specie predilige la riproduzione vegetativa tramite stoloni, è una spiga biancastra. Grazie alla presenza di oli aromatici sulle foglie, in Indonesia e nelle Filippine è ampiamente utilizzata in cucina ma anche in profumeria e nella medicina tradizionale come stimolante, analgesico, antipiretico, ecc.
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Tradescantia fluminensis
La tradescanzia sudamericana è una specie originaria dell’America meridionale, da noi presente come infestante, inizialmente nelle colture di agrumi in Sicilia, poi anche altrove, oggi nota per diverse regioni italiane, ma più comune al meridione e lungo il versante tirrenico. Le forme che appaiono in via di espansione nel nostro Paese derivano spesso da ibridi coltivati a scopo ornamentale e sfuggiti alla coltivazione, che spesso differiscono dalle forme spontanee presenti in Sudamerica. Cresce in ambienti urbani disturbati, su suoli piuttosto freschi, al di sotto della fascia montana. Il genere è dedicato a John Tradescant il giovane (1608-1662), giardiniere di corte di Carlo I d'Inghilterra poi trasferitosi in Virginia; il nome specifico significa ‘dei fiumi’ e allude all’ecologia della pianta. Forma biologica: geofita rizomatosa. Periodo di fioritura: agosto-settembre.
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Artemisia nitida
Artemisia nitida
Specie osservabile solo in natura: la pianta presente all’Orto botanico (Artemisia absinthium) appartiene allo stesso genere.
L’assenzio lucido è una specie endemica delle Alpi orientali e delle Alpi Apuane presente dalla Lombardia al Friuli e in Toscana. La distribuzione regionale, piuttosto lacunosa, è ristretta al settore alpino (Alpi Carniche e Giulie); nell’area di studio la specie è rarissima. Cresce su rupi soleggiate, su rocce calcaree o eruttive, da 1300 a 1800 m, raramente più in alto. Come le altre specie congeneri contiene il tossico thujone, per cui la commercializzazione dell'assenzio era vietata in Francia sino a poco tempo fa. Il nome generico era già in uso presso i Greci antichi ma è di etimologia incerta: potrebbe riferirsi alla dea Artemide (Diana) o alla regina Artemisia, moglie di Mausolo, re di Caria. Forma biologica: camefita suffruticosa. Periodo di fioritura: agosto-settembre.
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Triticum aestivum
Il frumento è una pianta annua selezionata dall’uomo in tempi antichissimi a partire da diverse specie selvatiche con corredo cromosomico diploide, oggi coltivato in tutto il mondo. I frumenti diploidi e tetraploidi sono giunti nel bacino del Mediterraneo già alla fine del Neolitico, quelli esaploidi probabilmente più tardi. A volte sfugge alle colture e appare allo stato subspontaneo in ambienti disturbati presso le strade. Il nome generico secondo Varrone deriva dal latino 'tritum' (battuto), per l'uso di battere il frumento onde far uscire il grano dalle spighe. Forma biologica: terofita scaposa. Periodo di fioritura: maggio-giugno.
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Cycas revoluta
La cycas, scoperta alla fine del Settecento, è nativa del Giappone meridionale; fu messa per la prima volta a dimora in Europa nel 1793, presso l'Orto botanico di Palermo. Cresce in terreni sabbiosi, ben drenati, in aree con estati molto calde (temperature medie di 30-35°C) ma tollera anche climi con temperature più basse; l’occasionale esposizione a temperature al di sotto dello zero può però causare danni alle foglie. Il midollo del tronco è utilizzato per la preparazione del sago, una fecola di impiego alimentare; nei luoghi di produzione il sago rappresenta un prodotto di notevole importanza alimentare e viene anche esportato. La pianta, anche in quantità limitate, se ingerita da cani o gatti può provocare danni respiratori ed epatici, e nei casi più gravi la morte; il nome specifico si riferisce al caratteristico aspetto revoluto delle foglie giovani.
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Cordyline australis
L'albero-cavolo, come viene chiamato nell’area di origine, è la più alta delle cinque specie di Cordyline native della Nuova Zelanda. La specie è diffusa da Capo Nord alla parte meridionale della South Island, dove diventa sempre meno comune, raggiungendo il limite meridionale a Sandy Point vicino Oreti Beach. In natura si comporta da specie pioniera che necessita di spazi aperti. L'albero era ben noto ai maori prima della sua descrizione scientifica: ogni tribù aveva nomi diversi per l'albero a seconda degli usi locali; il più usato, ‘Ti Kouka’, si riferisce all'uso delle giovani foglie come cibo. I fusti e rizomi carnosi di sono ricchi di zuccheri naturali e venivano cotti al vapore per produrre un alimento ricco di carboidrati utilizzato anche per dolcificare altri alimenti. Il ciuffo apicale di foglie giovani, simile a un cuore di carciofo, è commestibile da cotto. Una fibra dura e resistente alla salsedine viene ottenuta dalle foglie è stato estratto dalle foglie. La specie, introdotta in Gran Bretagna nel 1823, è oggi ampiamente usata a scopo ornamentale nelle parti più calde d’Europa, con diverse cultivar che differiscono soprattutto nella colorazione delle foglie. Il nome generico deriva dal greco ‘kordyle (clava), in riferimento alle parti ipogee ingrossate, quello specifico si riferisce alla provenienza dall’emisfero australe. Forma biologica: fanerofita scaposa. Syn.: Dracaena australis G. Forst.
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Glycyrrhiza glabra
La liquerizia comune è una specie a distribuzione stenomediterranea estesa all’Asia sudoccidentale, presente in tutte le regioni dell’Italia centro-meridionale (salvo che in Umbria), in Emilia-Romagna e in Friuli-Venezia Giulia. Cresce ai margini delle strade, in incolti aridi e aperti, su suoli sabbiosi in siti assolati e caldi, dal livello del mare a 1.000 metri circa. La liquirizia era una pianta importante già nell'antico Egitto, in Assiria e in Cina ed era già nota nell'antica medicina greca ma solo nel XV secolo fu ampiamente introdotta in Europa dai frati domenicani. Il principio attivo più importante è la glicirrizina, più dolce del saccarosio, che le conferisce un'azione antinfiammatoria e antivirale. La liquirizia, comunque, va assunta saltuariamente, facendo attenzione a non superare il dosaggio di mezzo grammo al giorno di glicirrizina, in quanto questa ha diversi effetti collaterali, soprattutto se somministrata a bambini, a persone che hanno superato i 55 anni d'età e a soggetti che ne assumono dosi maggiori di quelle consigliate e per lunghi periodi di tempo. Il nome generico deriva dal greco ‘glykýs’ (dolce) e ‘rhíza’ (radice), quello specifico si riferisce al fatto che la pianta è pressoché priva di peli. Forma biologica: geofita rizomatosa. Periodo di fioritura: giugno-luglio.
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Ceiba speciosa
Albero della famiglia delle Bombacacae, originario dell’America Meridionale, particolarmente diffuso in Argentina dove viene chiamato anche “albero ubriaco” (palo borracho). Questo epiteto gli deriva dalla caratteristica forma del tronco: è infatti gonfio alla base perché qui i tessuti accumulano acqua che la pianta utilizza durante i periodi secchi, per cui il fusto, rivestito di spine coriacee a forma di cono, assume la forma di una bottiglia. Le foglie, di color verde brillante, sono composte da 5-7 foglioline allungate.
I fiori, che iniziano a comparire verso la fine dell’estate, in concomitanza con la caduta delle foglie, sono particolarmente vistosi, con petali oblunghi con margini ondulati, lembo di colore rosa o fucsia, internamente sfumato in bianco o giallo, con strie e punteggiature porpora scuro e con al centro un lungo tubo staminale.
Il frutto è una capsula oblunga di colore verde-bruno, lunga 10-15 cm, che si apre lungo linee verticali. All’interno contiene semi scuri globosi, avvolti in ammassi di fibre bianche simili a cotone. Questa fibra è chiamata "falso kapok" (il kapok si ricava invece dalla congenere Ceiba pentandra) e viene utilizzata come isolante termico nelle imbottiture.
Il legno bianco, poroso e molto leggero può venire utilizzato in sostituzione del sughero o per la fabbricazione di botti leggere.
Viene apprezzata come pianta ornamentale nelle regioni tropicali e subtropicali dell'emisfero boreale per la vistosa fioritura. Fu introdotta in Italia verso la fine del XIX secolo, all’Orto botanico di Palermo.
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Beta vulgaris
La bieta, o barbabietola, ha una lunga storia di coltivazione che risale al secondo millennio a.C. Le forme coltivate furono selezionate a partire da forme selvatiche presenti lungo le coste del Mediterraneo e si diffusero poi da Babilonia (dall’ VIII secolo a.C.) sino all’Estremo Oriente. Aristotele e Teofrasto menzionano biete coltivate per la produzione di foglie commestibili. La barbabietola ha assunto notevole importanza commerciale in Europa a partire dalla metà del XIX secolo in seguito allo sviluppo della barbabietola da zucchero in Germania, che forniva un’alternativa alla canna da zucchero tropicale. Oggi esistono diversi cultivar, alcuni coltivati per le foglie, altri per le radici commestibili da cotte, altri ancora per la produzione di zucchero. Il nome generico deriva dal greco 'blíton' (bietola). Forma biologica: emicriptofita/terofita scaposa. Periodo di fioritura: giugno-agosto.
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Primula tyrolensis
Primula tyrolensis
Specie osservabile solo in natura: la pianta presente all’Orto botanico (Primula auricula) appartiene allo stesso genere.
La primula tirolese è una specie endemica delle Alpi Orientali, presente dal Trentino-Alto Adige al Friuli. La distribuzione regionale è ristretta alle Alpi Carniche sudoccidentali e alle Prealpi Carniche occidentali. Cresce in ambienti rocciosi, soprattutto nelle fessure di rocce ricche in humus e su rupi umide ed ombrose, prevalentemente su substrati calcarei, dalla fascia montana superiore a quella alpina. Il nome generico è il diminutivo del termine latino 'prímus' (primo) in allusione alla precoce fioritura di alcune specie; il nome specifico si riferisce al Tirolo, da cui la specie fu originariamente descritta. Forma biologica: emicriptofita rosulata. Periodo di fioritura: giugno-luglio.
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Trachomitum venetum
Nonostante sembri un piccolo arbusto l’apocino veneto è una specie erbacea di 50-70 cm con fusti verdi-rossastri, ricchi di rami fin dal basso ed è provvista di un rizoma sotterraneo strisciante. Le foglie sono generalmente opposte, alterne nelle infiorescenze o nei rami secondari. I coloratissimi fiori campanulati, di un porpora intenso con venature più scure, sbocciano a giugno-luglio.
Vive sui suoli sabbiosi del litorale veneto, sulle dune consolidate, sugli ambienti retrodunali e sugli argini delle valli da pesca, dove si diffonde per via vegetativa tramite i fusti avventizi emessi dal suo rizoma.
E’ una specie steppica con un vasto areale che parte dalle zone steppiche della Manciuria (Asia) e comprende Eurasia ed Europa Orientale (Bulgaria, Croazia, Turchia): la porzione italiana corrisponde al limite occidentale della sua distribuzione.
Il nome del sinonimo Apocynum deriva dal termine greco che significa contro i cani, in riferimento alla proprietà di uccidere i cani, credenza attribuita a questa specie ma priva di riscontro.
Il nome del genere Trachomitum deriva dalla combinazione di due termini greci che significano ruvidezza e filamento perché sembra che dalla pianta si ricavi una fibra grezza, adatta per cordami. Il nome specifico venetum, si riferisce all’area di diffusione.
Nella Lista Rossa del Veneto è classificata come “NT”, quasi a rischio di estinzione.