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Find out moreThe new restoration project involve the central fountain, the fountains of the quarters, of Theophrastus and of the Four Seasons
Find out moreSpecie botaniche
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Digitalis lutea
La digitale gialla meridionale è un’entità endemica della penisola italiana, dall'Emilia alla Calabria. Cresce in radure di faggete e boschi misti, nei pascoli e nei cespuglieti, con optimum nella fascia montana inferiore. Tutte le specie di Digitalis contengono un gruppo di glucosidi con potente effetto cardiotonico che le rendono fortemente velenose; oggi queste vengono sintetizzate in laboratorio ed ampiamente usate nell'industria farmaceutica. Il nome generico deriva dal latino 'digitalis' (del dito, ditale) per la forma della corolla; il nome specifico in latino significa ‘gialla’; il nome della sottospecie significa 'meridionale'. Forma biologica: emicriptofita scaposa. Periodo di fioritura: maggio-luglio.
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Oxalis purpurea
L’acetosela porporina è una specie di origine sudafricana segnalata come avventizia a Catania a partire dal 1965 e in via di espansione come specie avventizia, sinora segnalata anche per diverse regioni dell’Italia centrale e settentrionale. Cresce in vegetazioni ruderali, nelle discariche, ai margini di strade, alla periferia di abitati, su suoli limoso-argillosi piuttosto freschi e ricchi in composti azotati, al di sotto della fascia montana. Il sapore aspro della pianta deriva dall'alto contenuto in acido ossalico; il nome generico deriva infatti dal greco 'oxys' (acido) e 'hal-halis' (sale); il nome specifico si riferisce al colore dei fiori. Forma biologica: geofita bulbosa. Periodo di fioritura: aprile-maggio.
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Rubia tinctorum
La robbia dei tintori, o robbia domestica, è una specie di origine asiatica (dal Medio Oriente e Turchia all’Asia Centrale), da noi in passato coltivata per la tintura dei tessuti, oggi raramente presente allo stato subspontaneo in tutte le regioni dell’Italia continentale salvo che in Liguria, ma in forte regresso e in molte regioni non più osservata da lungo tempo. Cresce in boscaglie e siepi, al di sotto della fascia montana. Dalla radice, che contiene diversi composti polifenolici (antrachinoni), si otteneva sin da tempi antichissimi un colorante rosso, da cui derivano sia il nome generico (dal latino ‘ruber’, rosso) che quello specifico. Forma biologica: emicriptofita scaposa. Periodo di fioritura: aprile giugno.
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Platanus orientalis L
Il platano orientale è un albero alto fino a una quarantina di metri, dal tronco grosso e dalla chioma fitta, molto ombrosa, comune in un’area che va dalla regione mediterranea orientale sino ad Est dell'Himalaya. Non pochi studiosi lo ritengono indigeno anche in Sicilia, Calabria e Cilento, dove cresce spontaneamente in formazioni boschive umide lungo i corsi d'acqua.
Il platano orientale è un albero longevo e resistente, a crescita rapida, che preferisce terreni argillosi e umidi. La sua corteccia è liscia e tende a sfogliarsi, mettendo in evidenza la nuova scorza spesso chiarissima. Le grandi foglie, lungamente picciolate, sono molto eleganti e incise fino a oltre la metà del lembo; in autunno, prima di cadere, assumono un caldo giallo sfumato d'ocra. I fiori sono riuniti in infiorescenze pendule sferiche; sferiche sono anche le infruttescenze dotate di lunghi peli, che si disperdono nell'aria quando giunge la primavera.
Largamente coltivato nell'Europa meridionale, non sopporta invece il clima dell'Europa settentrionale, dove non giunge l'influenza moderatrice del mare. In queste regioni infatti è presente la specie Platanus occidentalis L. introdotta dal Nord America.
In Inghilterra, le due specie di platani produssero spontaneamente, attorno al 1670, un ibrido fertile, Platanus hybrida Brot., il platano comune, che può crescere anche in zone molto fredde ed è molto più vigoroso dei progenitori. Esso viene coltivato a scopo ornamentale in tutte le zone temperate della terra, soprattutto nelle piane irrigue, in parchi e lungo le strade. La sua resistenza è stata però, nella seconda metà del 1900, messa alla prova da un'infezione fungina (il cancro colorato del platano) di origine americana, che ha portato alla morte molte piante ultracentenarie.
Il platano orientale dell'Orto botanico è stato messo a dimora nel 1680 nell'arboreto, poco lontano dal cancello d'accesso: attualmente rappresenta la seconda pianta più vecchia. Si tratta di un albero imponente, con la singolare particolarità di possedere un fusto cavo, probabilmente come conseguenza di un fulmine. La pianta continua lo stesso a vegetare, perché normalmente la parte più interna del legno (duramen) non è più funzionante e quindi non più necessaria. Nella parte più esterna si trovano invece i tessuti di conduzione funzionanti, che vengono ritmicamente prodotti ogni anno e che assicurano la sopravvivenza della pianta.
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Moehringia bavarica
Sulle rupi ombrose calcaree, talvolta strapiombanti, della Lessinia cresce una piccola pianta della famiglia delle Caryophyllaceae che in Italia troviamo in Lombardia, Trentino Alto Adige e Veneto. I fusticini, legnosi alla base, crescono penduli, formando dei cuscinetti semisferici abbarbicati alle rocce. Le foglie sono glabre, di colore verde chiaro, lineari, quasi cilindriche perché spesso lievemente succulente. I fiori a forma di stella hanno 5 petali bianchi.
Il nome del genere è dedicato al naturalista tedesco Paul Heinrich Gerhard Mœhring (1710÷1792), mentre quello della specie deriva da bavaricus, cioè bavarese.
Nella Lista Rossa del Veneto è classificata come “LC”, cioè a minor rischio.
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Yucca aloifolia
Il genere Yucca è originario delle regioni a clima tropicale secco del Nuovo Mondo, come Messico, California e Caraibi. Comprende più di 30 specie di alberi e arbusti che in natura raggiungono anche i 15-20 metri di altezza, ma da noi raramente più alti di 2 metri. Le varie specie prediligono esposizione soleggiata, terreni asciutti e senza ristagno d'acqua, anche se alcune possono crescere in Italia settentrionale in posizioni riparate dal gelo. La specie più coltivata a scopo ornamentale è Y. gloriosa; altre specie sono Y. aloifolia e Y. arborescens. Il nome generico deriva dal nome comune con cui queste piante venivano chiamate nell'America centro-settentrionale; il nome specifico significa 'a foglie d'Aloe' (un genere di piante succulente). Forma biologica: fanerofita cespugliosa. Periodo di fioritura: agosto-settembre.
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Avena sativa
L’avena comune deriva da diverse specie selvatiche diffuse come piante infestanti delle colture di grano e orzo nella Mezzaluna Fertile (la regione estesa da Israele all'Iran occidentale), quali A. sterilis, A. fatua e A. byzantina. La coltivazione risale ad almeno 3.000 anni fa, ed oggi si coltivano circa 15 milioni di ettari di avena con una produzione di quasi 26 milioni di tonnellate di granella: l’avena è al 7° posto nella graduatoria dei cereali, ma con una generale tendenza alla diminuzione: in Italia la superficie è scesa da 500.000 ettari nel 1948 a circa 150.000 ettari. La generale regressione dell’avena in Italia e nel mondo è dovuta alla diminuzione degli allevamenti equini, alla minor produttività dell’avena in Unità Foraggere rispetto all’orzo, ai limiti d’impiego dell’avena nei mangimi bilanciati causati dall’alto contenuto di cellulosa della granella (che è abbondantemente vestita). L’avena comune non è nota allo stato selvatico, anche se a volte è presente allo stato subspontaneo in ambienti ruderali sfuggendo alle coltivazioni. L’avena, oltre che cereale la cui granella è la ‘biada’ per eccellenza, viene consumata anche dall’uomo: le cariossidi contengono antiossidanti che impediscono ai cibi grassi di irrancidire; per questa proprietà, l’avena viene generalmente usata come additivo di diversi cibi e nella produzione delle carte in cui si avvolgono gli alimenti. Uno dei principali prodotti industriali è il furfurolo, una sostanza derivata dal tegumento della cariosside, utilizzata come solvente in alcuni processi di raffinazione industriale. Inoltre, l'avena viene impiegata in distilleria per la produzione del whisky. Il nome generico, lo stesso usato dai romani, forse deriva dal sanscrito 'avasa' (nutrimento, foraggio); il nome specifico significa ‘coltivata’. Forma biologica: terofita scaposa. Periodo di fioritura: maggio-giugno.
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Magnolia grandiflora L.
È una pianta arborea a foglie persistenti (per questo è anche indicata come magnolia sempreverde), originaria delle regioni meridionali degli Stati Uniti, dalla Florida al Texas, che può raggiungere i 20-30 metri di altezza. In Italia è molto coltivata in parchi e giardini pubblici e privati, e viene apprezzata per la sua forma conico-piramidale, le grandi foglie di un verde intenso, lucide nella pagina superiore e bruno rugginose nella inferiore, che creano un notevole contrasto cromatico.
In estate all'apice dei rami compaiono dei vistosi fiori bianchi e profumati che possono raggiungere un diametro di 20-25 cm. Molto decorativi sono anche i semi che, quando raggiungono la maturità, diventano rossi e sporgono dall'infruttescenza a cono che ricorda molto una pigna. È una specie che ama posizioni soleggiate, terreni profondi, fertili e permeabili e che mal sopporta eccessivi ristagni d'acqua o condizioni di aridità prolungate; tollera però le gelate non troppo intense.
L'esemplare più vecchio di Magnolia grandiflora dell'Orto botanico risale al 1786 ed è ritenuto uno dei primi introdotti in Italia, se non il primo. Si trova nel quarto omonimo tra le porte Ovest e Sud; non ha grandi dimensioni, ma il tronco alla base è ben sviluppato e da esso si dipartono vistose radici.
Altri due individui notevoli di magnolia, messi a dimora agli inizi del 1800, si possono ammirare presso l'ingresso dell'Orto; essi sono attualmente oggetto di particolari cure fitosanitarie e vengono tuttora costantemente monitorati in quanto affetti da un'infezione fungina.
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Helianthus annuus
Il girasole è una pianta originaria delle parti più calde dell'America settentrionale, oggi ampiamente coltivata e presente come avventizia in tutte le regioni d’Italia, salvo forse che in Valle d'Aosta. Appare a volte allo stato subspontaneo in vegetazioni ruderali su suoli ricchi in composti azotati, con scarsa tendenza a spontaneizzarsi, dal livello del mare a 1.500 metri circa. Il girasole era coltivato dagli indigeni americani 3.000 anni prima della sua introduzione in Europa: gli Incas conoscevano le proprietà nutritive dei semi e ricavavano fibre dal fusto e dalle foglie. Dai semi si produce un olio adatto all'alimentazione umana e dal residuo della spremitura si ricava un panello ricco di proteine che viene impiegato in zootecnia. I semi tostati sono commestibili e vengono anche impiegati come mangime per roditori e uccelli. L' eliotropismo che caratterizza il girasole è già presente nei boccioli, che seguono il percorso del sole da est a ovest, per orientarsi nuovamente a est quando si fa sera. Il nome generico deriva dal greco 'helios' (sole) ed 'anthos' (fiore), e significa quindi 'fiore del sole'; il nome specifico si riferisce al ciclo vitale annuale. Forma biologica: terofita scaposa. Periodo di fioritura: luglio-ottobre.
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Filipendula ulmaria
L’olmaria comune è una specie a vasta distribuzione eurosiberiana presente in tutte le regioni dell’Italia continentale (dubitativamente in Umbria). Cresce in prati umidi, fossati, ruscelletti, paludi e boschi ripariali, dal livello del mare alla fascia montana. Assieme al salice, è considerata l''aspirina vegetale': l'acido salicilico fu scoperto nel 1839 nei fiori di una Filipendula, a quel tempo inclusa nel genere Spiraea, per cui fu chiamato 'acido spirico'; nel 1859 il chimico tedesco Hoffmann acetilò l'acido salicilico, ottenendo l'acido acetilsalicilico o acido acetilspirico, da cui la Bayer coniò il termine 'aspirina'. Con i fiori si aromatizzano i vini dolci, che assumono sapore di moscato; le foglie tingono in bruno e in nero; dalle gemme si estrae un olio usato in profumeria. Il nome generico deriva dal latino 'filum' (filo) e 'pendulum' (pendulo), per gli ingrossamenti tuberiformi che pendono dalle radici di alcune specie; il nome specifico si riferisce alla somiglianza dei segmenti fogliari con le foglie dell'olmo. Forma biologica: emicriptofita scaposa. Periodo di fioritura: maggio-luglio.
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Parietaria officinalis
L’erba vetriola comune è una specie dell’Europa centro-meridionale presente in tutte le regioni dell’Italia continentale salvo che in Calabria. Cresce in vegetazioni disturbate quali orli di boscaglie e siepi, a volte alla base di muri in situazioni piuttosto ombreggiate, su suoli argillosi piuttosto freschi e ricchi in composti azotati, dal livello del mare a 900 metri circa. La pianta ha proprietà diuretiche, ma il polline è fortemente allergenico; le giovani foglie lessate venivano consumate come gli spinaci. Il nome generico si riferisce al fatto che molte specie crescono su muri; il nome specifico deriva dal latino 'officina' (officina, farmacia) e fa riferimento all’uso a scopo medicinale. Forma biologica: emicriptofita scaposa. Periodo di fioritura: maggio-ottobre.
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Phoenix dactylifera
La palma da datteri è nota sin dall'antichità tra gli egizi, i cartaginesi, i greci, i romani e i berberi per i frutti eduli. Il tronco, più slanciato di quello della congenere Phoenix canariensis, può essere alto fino a 30 metri, ma di solito non supera i 15-20 metri. A causa dell'antichità delle coltivazioni (era già coltivata nel 4000 a.C. a Babilonia), l’areale originario non può essere determinato con certezza ma probabilmente comprendeva l'Africa settentrionale e forse l'Asia sudoccidentale. Oggi è coltivata in tutto il Maghreb, in Egitto, Arabia, nel Golfo Persico, nelle Canarie, nella zona mediterranea settentrionale e nel sud degli Stati Uniti. In Sicilia la palma da datteri è diffusissima come pianta ornamentale (ad esempio nei giardini di Palermo), ma non è sfruttata o coltivata a scopi commerciali. Le cultivar più diffuse sono 'Medjool', 'Deklet noor', 'Ameri', 'Deri', 'Halawi' e 'Zahidi', 'Berhi', 'Hiann'. Tra le varietà di dattero c'è quella definita "da amido", dalla quale si ricava il cosiddetto "pane del deserto", che rappresenta uno degli alimenti fondamentali dei beduini. Uno dei più temibili parassiti di questa pianta è il coleottero Rhynchophorus ferrugineus, noto come punteruolo rosso delle palme. Si tratta di un coleottero curculionide originario dell'Asia, propagatosi in Medio Oriente negli anni Ottanta e successivamente a tutto il bacino del Mar Mediterraneo, rivelatosi resistente a tutti i mezzi di controllo convenzionali. Il nome generico, già citato da Teofrasto, significa ‘fenicio’ perché sarebbero stati proprio i fenici a far conoscere queste piante ai greci; il nome specifico è composto da 'dactylus' (dattero, dal greco 'dactylos'), e 'fero' (io porto). Forma biologica: fanerofita scaposa.