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Find out moreSpecie botaniche
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Bauhinia aculeata
Per la bellezza del suo fiore questa specie viene anche chiamata dagli anglosassoni “albero delle orchidee bianche”. Il genere fu dedicato ai fratelli Bauhin, illustri botanici svizzeri. Arbusto dai lunghi rami flessibili che si appoggiano alle piante circostanti. Le foglie sono bilobate, molto caratteristiche. I grandi fiori bianchi presentano cinque lunghi petali e numerosi stami bianchi dai filamenti allungati e spesso curvi, come pure lungo e curvo è il pistillo centrale
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Persea americana
L’avocado, nome con cui è comunemente conosciuta la specie, è un albero di media altezza (generalmente attorno ai 10-15m) originario dell’America centrale. Presenta corteccia grigia e rugosa, foglie ovali e persistenti, fiori ermafroditi piccoli e poco appariscenti di colore verdastro. La parte più nota è il frutto, una drupa ovoidale il cui peso può arrivare al chilo, con grosso seme centrale, polpa giallo pallido molto ricca in grassi e parte esterna (epicarpo) verde o violacea.
Ampiamente coltivato nelle aree tropicali e subtropicali di tutto il mondo, l’avocado trova impiego sia come alimento che a fini cosmetici grazie alle proprietà antiossidanti dell’olio ricavato dalla polpa essiccata del frutto.
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Alyssum ovirense
Alyssum ovirense
L’alisso dell’Obir è una specie endemica illirico-estalpina, in Italia presente soltanto in Veneto e Friuli (la presenza in Trentino Alto Adige è dubbia). La distribuzione regionale è ristretta pochissime stazioni nelle Prealpi Carniche e nelle Alpi Giulie. Cresce in pietraie e ghiaioni calcarei, in stazioni lungamente innevate, dalla fascia subalpina a quella alpina. Il nome generico deriva dal greco 'a' (privativo) e 'lyssa' (pazzia, rabbia), per la presunta efficacia contro la rabbia; il nome specifico deriva da quello del M. Hochobir nelle Caravanche, da cui la specie fu originariamente descritta. Forma biologica: camefita suffruticosa. Periodo di fioritura: giugno-agosto.
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Hedera helix
L'edera è una liana a distribuzione mediterraneo-atlantica comune in tutte le regioni d’Italia. Cresce in boschi e siepi, su muri, rocce ed alberi, di cui raggiunge la chioma in siti umidi, formando intrichi con Clematis vitalba e altre liane, dal livello del mare sino alle faggete termofile della fascia montana inferiore. Mostra marcata eterofillia, cioè la forma delle foglie dei rami vegetativi è molto diversa da quella delle foglie dei rami fioriferi. È comunemente coltivata come pianta ornamentale, come tappezzante di terreni molto ombreggiati e per ricoprire muri o pergolati. Ne esistono numerosissimi ibridi e cultivar che differiscono per forma, dimensioni e colore delle foglie (frequenti sono quelli a foglie variegate). La pianta è tossica se ingerita (saponine triterpeniche e alcaloidi) e il contatto con le foglie può originare reazioni fotoallergiche. Il nome generico è assonante con 'hadaéreo' (io aderisco); quello specifico in greco significa 'attorcigliamento', alludendo al modo che ha la pianta di attorcigliarsi 'ad elica' ai supporti. Forma biologica: fanerofita lianosa. Periodo di fioritura: settembre-ottobre.
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Carica papaya
La specie più conosciuta della famiglia delle Caricaceae è Carica papaya, nota comunemente come papaya, detta anche “albero dei meloni” per l’aspetto dei suoi frutti. Fu citata per la prima volta nel Cinquecento dal cronista spagnolo De Oviedo al seguito delle spedizioni spagnole nel Nuovo Mondo. Ha l’aspetto di un albero di piccole dimensioni (raggiunge al massimo i 5-8 m di altezza), a fusto singolo non ramificato. Nella parte terminale è inserita una corona di grandi foglie palmate, con il picciolo che può raggiungere il metro di lunghezza. Per favorire la maturazione dei frutti esponendoli direttamente al sole le foglie cadono e lasciano ben visibili lungo il tronco i segni delle cicatrici.
Dal punto di vista riproduttivo è una specie particolare: in genere è dioica, cioè ogni pianta porta solo fiori maschili o solo fiori femminili, ma sono state selezionate anche piante con fiori ermafroditi. Alcune varietà possono presentare, a seconda dell’andamento climatico, fiori maschili oppure femminili, o può succedere che piante maschili o ermafrodite diventino femminili se vengono danneggiate o tagliate alla sommità. I fiori, morfologicamente distinti a seconda del sesso, sono numerosi, profumatissimi e con una corolla a cinque petali giallognoli.
Il frutto è una bacca di forma oblunga, che a maturità assume un colore giallo arancio, con una polpa succosa che contiene al centro piccoli semi neri, ricoperti da un arillo mucillaginoso. Le dimensioni sono variabili e può pesare anche 9 Kg. La papaya continua a produrre nuovi fiori e contemporaneamente si sviluppano i frutti, perciò presenta sempre sia fiori che frutti a vario grado di maturazione.
È una pianta probabilmente originaria dell’America centrale, diffusa e ampiamente coltivata nelle regioni tropicali e subtropicali, principalmente per i frutti, ricchi di calcio, fosforo, ferro, potassio e vitamina A, B e C, di flavonoidi e polifenoli, noti antiossidanti. Oltre che per l’importanza alimentare del frutto, è ampiamente coltivata per il lattice. Ricavato soprattutto dalla buccia e dalla polpa dei frutti immaturi, ma anche da altre parti della pianta, il lattice contiene enzimi proteolitici, quindi è molto utile per migliorare la digestione in particolare la papaina, impiegata nell’industria farmaceutica per la sua azione antiparassitaria intestinale, digestiva e antinfiammatoria.
La papaina viene usata anche nella fabbricazione di birra, perché elimina le proteine che a bassa temperatura precipitano e la intorbidiscono, nell’industria cosmetica e dei detergenti nell'industria alimentare per intenerire le carni in scatola, in quella tessile per il trattamento di lana e seta prima della coloritura.
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Cannabis sativa
La canapa è una pianta annua di origine centroasiatica coltivata da millenni per l'ottima fibra tessile, i semi oleosi e i ben noti principi psicoattivi. Per quanto la coltura sia in forte declino, in Italia è ancora presente come avventizia in quasi tutte le regioni, compreso il Friuli-Venezia Giulia. Prove dell'utilizzo della cannabis si hanno fin dai tempi del Neolitico, testimoniate dal ritrovamento di alcuni semi fossilizzati in una grotta in Romania; il più antico manufatto è un pezzo di stoffa di canapa risalente all'8000 a.C. La produzione commerciale di canapa in occidente prese vigore nel XVIII secolo a causa della espansione coloniale e navale che richiedeva grandi quantità di canapa per la produzione di corde, vele e stoppa. La fibra tessile di canapa viene ottenuta dal floema dei fusti; le fibre, tuttora largamente utilizzate dagli idraulici come guarnizione, vengono usate per la produzione di tessili e corde e per centinaia di anni, fino alla seconda metà del Novecento, furono la materia prima principale per la produzione di carta. La coltura della canapa per usi tessili ha una antica tradizione in Italia, legata soprattutto all'espandersi delle Repubbliche marinare, così come la tradizione di utilizzarla per telerie ad uso domestico: le tovaglie di canapa in Romagna decorate con stampi di rame nei due classici colori ruggine e verde sono prodotte ancor oggi. I semi (ricchi di acidi linoleici, vitamine e amminoacidi essenziali) sono usati come mangime per gli uccelli e per la spremitura di un olio utilizzato anche come combustibile. I fiori (e in misura minore le foglie, i fusti e i semi) contengono cannabinoidi psicoattivi che vengono consumati per scopi ricreativi, medicinali e spirituali. La concentrazione delle sostanze psicoattive è molto variabile tra i diversi cultivar, variamente trattati a livello tassonomico come specie distinte, varietà o sottospecie. Fumatori di cannabis dell'antichità furono popolazioni hindu di India e Nepal e gli Hashashin, presenti in Siria, dai quali prese il nome l'Hashish. La cannabis fu anche utilizzata dagli assiri, che ne appresero le proprietà psicoattive dagli arii la fecero conoscere anche a sciti e traci, che cominciarono a farne uso anche durante i loro riti religiosi. Alcune fonti ne hanno fatto risalire l'uso in Grecia già nell'800 a.C. Nell'Europa centrale, ancor prima dell'espansione dell'impero romano, la cannabis era già coltivata e usata nelle isole britanniche dalle tribù dei celti e dei pitti (III-IV sec. a.C.). Plinio il Vecchio nella Naturalis Historia menziona le proprietà terapeutiche dell'erba. Nel Medioevo l'uso proseguì lecitamente sino al 1484 quando una bolla papale ne vietò l'uso ai fedeli. Il nome generico è quello usato dagli antichi romani, il nome specifico in latino significa ‘coltivata’. Forma biologica: terofita scaposa. Periodo di fioritura: giugno-settembre.
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Beta vulgaris
La bieta, o barbabietola, ha una lunga storia di coltivazione che risale al secondo millennio a.C. Le forme coltivate furono selezionate a partire da forme selvatiche presenti lungo le coste del Mediterraneo e si diffusero poi da Babilonia (dall’ VIII secolo a.C.) sino all’Estremo Oriente. Aristotele e Teofrasto menzionano biete coltivate per la produzione di foglie commestibili. La barbabietola ha assunto notevole importanza commerciale in Europa a partire dalla metà del XIX secolo in seguito allo sviluppo della barbabietola da zucchero in Germania, che forniva un’alternativa alla canna da zucchero tropicale. Oggi esistono diversi cultivar, alcuni coltivati per le foglie, altri per le radici commestibili da cotte, altri ancora per la produzione di zucchero. Il nome generico deriva dal greco 'blíton' (bietola). Forma biologica: emicriptofita/terofita scaposa. Periodo di fioritura: giugno-agosto.
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Catharanthus roseus
Il genere Catharanthus comprende otto specie di cui sette endemiche del Madagascar e una di origine indiana. Tra queste la più nota è C.roseus (o pervinca rosa del Madagascar), una pianta erbacea sempreverde a portamento cespuglioso, con foglie lucide e coriacee di forma ovale e fiori piuttosto grandi, di colorazione variabile dal bianco al rosa scuro, con colorazione più intensa al centro. Diffusamente utilizzata da secoli nella medicina Ayurvedica e in quella cinese, da alcune decine di anni si è scoperto che l’intera pianta essiccata contiene diversi alcaloidi di uso medicinale, fra cui la vinblastina e la vincristina impiegate per curare diverse patologie tra cui la leucemia e altre forme tumorali.
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Erythrina crista-galli
L’eritrina, o ceibo, è un albero originario di Argentina, Uruguay, Brasile meridionale e Paraguay. La pianta è l’albero nazionale dell’Argentina, e il fiore viene considerato il fiore nazionale dell’Argentina e dell’Uruguay. Venne introdotta in Inghilterra nel 1771 e giunse in Italia pochi anni dopo, come testimonia l'ultracentenario esemplare nel giardino di Villa Pamphili a Roma, di fronte al Casino dell'Algardi. Nelle parti più calde dell’Europa meridionale viene a volte utilizzata come pianta ornamentale per le vistosissime fioriture di colore rosso, anche se la coltivazione non è molto facile in quanto la pianta soffre i periodi di aridità estiva tipici del clima mediterraneo; nell’area di origine la specie cresce infatti nelle foreste a galleria lungo il basso corso dei fiumi, oppure in acquitrini e paludi. Nell’area di origine viene impollinata da uccelli per attirare i quali produce tanto nettare che spesso gocciola dai fiori, da cui il nome inglese ‘cry-baby’. Il nome generico, dal greco ‘erhytros’ (rosso) si riferisce al colore dei fiori, quello specifico, che in latino significa ‘cresta di gallo’, alla forma della corolla. Periodo di fioritura: maggio-settembre
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Tamus communis
Specie submediterranea presente in tutta Italia dalla costa alla fascia montana inferiore ove diviene più sparsa e rara. Cresce in boschi e boscaglie termofili e nei rispettivi mantelli, su suoli da poco a mediamente profondi, sia calcarei che marnoso-arenacei, abbastanza umiferi ed esposti ad una certa siccità estiva. Il nome generico fu usato da Plinio e da Columella per un vitigno selvatico. I germogli sono commestibili previa cottura ma le parti fresche sono tossiche ed i frutti molto velenosi; il contatto con le foglie può causare irritazioni della pelle. Forma biologica: geofita radicegemmata. Periodo di fioritura: aprile-luglio.
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Platycerium alcicorne
La felce a corna di cervo è una felce epifita (letteralmente pianta che vive sopra altre piante) originaria del Madagascar. Molto caratteristica è la sua struttura: è infatti dotata di due tipi di fronde, diversissimi tra loro, uno fertile e l’altro sterile. Le fronde sterili hanno forma arrotondata e appiattita, si sovrappongono una all’altra in modo da formare una struttura a forma di coppa, che aderisce alla pianta ospite avvolgendosi attorno al ramo. In questa specie di vaso si raccolgono acqua piovana e detriti vegetali che permettono il nutrimento della pianta. Queste fronde da giovani sono verdi, poi col tempo diventano di color marrone, simili a grandi foglie secche. Esse non producono spore: la riproduzione è a carico delle fronde fertili, inserite alla base delle sterili. Queste hanno portamento eretto o ricadente, sono cuoiose e lunghe anche 90 cm, ramificate ad assumere la caratteristica forma lobata che ricorda un palco di corna d’alce. Sono grigio-verdi, ricoperte di un sottile feltro di peli biancastri. Nella pagina inferiore portano le spore, racchiuse in microscopiche strutture raggruppate nella parte terminale delle ramificazioni che conferiscono alla fronda un aspetto vellutato. Sono ben visibili perché di color marrone.
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Citrus limon
Il limone è probabilmente un ibrido tra l’arancio amaro (Citrus x aurantium) e il cedro (Citrus medica), uno degli agrumi più sensibili al freddo. I limoni furono introdotti in Italia meridionale verso il primo secolo d.C., al tempo dei romani, ma non vennero ampiamente coltivati se non dopo la seconda re-introduzione, dovuta agli arabi, tra il 1000 e il 1150; la prima sostanziale coltivazione di limoni al di fuori dei territori arabi iniziò a Genova verso la metà del XV secolo. Oggi in Italia la coltivazione è limitata alle aree costiere ioniche e tirreniche della Sicilia, Calabria e Campania, in numerose cultivar. Coltivato soprattutto come pianta da frutto, ha rivestito notevole importanza nell'economia locale, non solo per il commercio del frutto, ma anche per l'industria dell'acido citrico. Nel dopoguerra la produzione di citrato per via fermentativa ha soppiantato l'utilizzazione del limone, con grave danno per l'agrumicoltura. Il frutto è particolarmente ricco di vitamine. Il nome generico probabilmente deriva da una lingua pre-indoeuropea, in greco 'citron' e in latino 'citrus', per indicare il cedro, agrume di origine indiana introdotto in Persia e poi in Grecia da Alessandro Magno; il nome specifico deriva probabilmente da un vocabolo di provenienza orientale, arabo o persiano ('limúm'), introdotto in Occidente dagli arabi e dai Crociati insieme alla pianta. Forma biologica: fanerofita scaposa. Periodo di fioritura: tutto l’anno.