
L'Orto botanico si prepara ad accogliere i visitatori con l'arrivo della primavera, in data da definire.
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Prunus persica
Il pesco è un albero deciduo originario della Cina. Fu introdotto in Persia (da cui il nome) e da lì a Roma nel I secolo d.C., diffondendosi in tutto il bacino del Mediterraneo. In Egitto il frutto era sacro ad Arpocrate, il dio del silenzio e dell'infanzia (ancor oggi si paragonano le guance dei bambini alle pesche). In Europa è usato sia come pianta da frutto che come pianta ornamentale. È ampiamente coltivato in tutta Italia, e spesso inselvatichito in arbusteti e cedui di latifoglie, dal livello del mare a 600 metri circa. Il nome generico, già in uso presso i Romani, è di etimologia incerta (deriva comunque dal greco ‘prunon’, che significa ‘prugna’); quello specifico allude al territorio da cui la pianta fu introdotta in Europa, la Persia. Forma biologica: fanerofita cespugliosa/ fanerofita scaposa. Periodo di fioritura: aprile-maggio.
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Carica papaya
La specie più conosciuta della famiglia delle Caricaceae è Carica papaya, nota comunemente come papaya, detta anche “albero dei meloni” per l’aspetto dei suoi frutti. Fu citata per la prima volta nel Cinquecento dal cronista spagnolo De Oviedo al seguito delle spedizioni spagnole nel Nuovo Mondo. Ha l’aspetto di un albero di piccole dimensioni (raggiunge al massimo i 5-8 m di altezza), a fusto singolo non ramificato. Nella parte terminale è inserita una corona di grandi foglie palmate, con il picciolo che può raggiungere il metro di lunghezza. Per favorire la maturazione dei frutti esponendoli direttamente al sole le foglie cadono e lasciano ben visibili lungo il tronco i segni delle cicatrici.
Dal punto di vista riproduttivo è una specie particolare: in genere è dioica, cioè ogni pianta porta solo fiori maschili o solo fiori femminili, ma sono state selezionate anche piante con fiori ermafroditi. Alcune varietà possono presentare, a seconda dell’andamento climatico, fiori maschili oppure femminili, o può succedere che piante maschili o ermafrodite diventino femminili se vengono danneggiate o tagliate alla sommità. I fiori, morfologicamente distinti a seconda del sesso, sono numerosi, profumatissimi e con una corolla a cinque petali giallognoli.
Il frutto è una bacca di forma oblunga, che a maturità assume un colore giallo arancio, con una polpa succosa che contiene al centro piccoli semi neri, ricoperti da un arillo mucillaginoso. Le dimensioni sono variabili e può pesare anche 9 Kg. La papaya continua a produrre nuovi fiori e contemporaneamente si sviluppano i frutti, perciò presenta sempre sia fiori che frutti a vario grado di maturazione.
È una pianta probabilmente originaria dell’America centrale, diffusa e ampiamente coltivata nelle regioni tropicali e subtropicali, principalmente per i frutti, ricchi di calcio, fosforo, ferro, potassio e vitamina A, B e C, di flavonoidi e polifenoli, noti antiossidanti. Oltre che per l’importanza alimentare del frutto, è ampiamente coltivata per il lattice. Ricavato soprattutto dalla buccia e dalla polpa dei frutti immaturi, ma anche da altre parti della pianta, il lattice contiene enzimi proteolitici, quindi è molto utile per migliorare la digestione in particolare la papaina, impiegata nell’industria farmaceutica per la sua azione antiparassitaria intestinale, digestiva e antinfiammatoria.
La papaina viene usata anche nella fabbricazione di birra, perché elimina le proteine che a bassa temperatura precipitano e la intorbidiscono, nell’industria cosmetica e dei detergenti nell'industria alimentare per intenerire le carni in scatola, in quella tessile per il trattamento di lana e seta prima della coloritura.
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Euonymus europaeus
La fusaggine comune, o berretta da prete, è una specie a distribuzione eurasiatica presente in tutte le regioni d'Italia. Entra nello strato arbustivo dei boschi termofili di latifoglie decidue rarefacendosi a partire dalle faggete; l'optimum è nei mantelli e nelle siepi, su suoli argillosi piuttosto freschi, ricchi in basi e composti azotati, al di sotto della fascia montana superiore. I semi sono tossici (evonina) ed erano usati come drastico purgante. Nel Medioevo dal legno si ottenevano fusi per filare la lana, da cui il nome italiano; i frutti e la corteccia erano utilizzati per le proprietà emetiche, purganti e insetticide: la polvere dei frutti seccati e macinati veniva usata per combattere i pidocchi e il decotto di frutti e corteccia era usato contro la rogna. Il nome generico deriva dal greco 'eu' (buono) e 'onoma' (nome), cioè 'pianta con buona fama', in senso ironico a causa della velenosità dei frutti. Forma biologica: fanerofita cespugliosa. Periodo di fioritura: aprile-giugno.
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Helianthus tuberosus
Il topinambur è una pianta di origine nordamericana, oggi diffusissima in tutte le regioni d’Italia. Il nome popolare ‘topinambur’ è la trascrizione di una parola brasiliana, ma la pianta sembra sia stata importata in Francia dal Canada nel 1603 dal francese Samuel Champlain; già nel 1616 il naturalista e botanico Fabio Colonna, nella seconda edizione dell’opera Ecpharais, scrive indicandola come ‘Flos solis farnesianus’: era infatti già coltivata nel Giardino Farnese a Roma, dove era conosciuta con il nome volgare di ‘girasole articocco’. Cresce in vegetazioni pioniere e ruderali, soprattutto lungo il corso medio ed inferiore dei fiumi, su suoli da sabbiosi a limoso-argillosi, freschi e sciolti, ricchi in composti azotati, al di sotto della fascia montana. Il tubero, che somiglia per forma e consistenza a una patata e ha un sapore vagamente simile a quello del carciofo, non contiene amido ma il polisaccaride inulina che lo rende adatto nei regimi ipocalorici degli obesi e dei diabetici. In America è stata sin dai tempi più remoti un'importante pianta alimentare, oggi vive un periodo di riscoperta. Il nome generico deriva dal greco 'helios' (sole) ed 'anthos' (fiore), e significa quindi 'fiore del sole' (è lo stesso del girasole), quello specifico si riferisce ai tuberi commestibili (topinambur). Forma biologica: geofita. Periodo di fioritura: agosto-ottobre.
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Primula tyrolensis
Primula tyrolensis
Specie osservabile solo in natura: la pianta presente all’Orto botanico (Primula auricula) appartiene allo stesso genere.
La primula tirolese è una specie endemica delle Alpi Orientali, presente dal Trentino-Alto Adige al Friuli. La distribuzione regionale è ristretta alle Alpi Carniche sudoccidentali e alle Prealpi Carniche occidentali. Cresce in ambienti rocciosi, soprattutto nelle fessure di rocce ricche in humus e su rupi umide ed ombrose, prevalentemente su substrati calcarei, dalla fascia montana superiore a quella alpina. Il nome generico è il diminutivo del termine latino 'prímus' (primo) in allusione alla precoce fioritura di alcune specie; il nome specifico si riferisce al Tirolo, da cui la specie fu originariamente descritta. Forma biologica: emicriptofita rosulata. Periodo di fioritura: giugno-luglio.
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Limonium densissimum
Limonium densissimum
Specie osservabile solo in natura: la pianta presente all’Orto botanico (Limonium narbonense) appartiene allo stesso genere.
Specie presente lungo le coste romagnole, venete, friulane e sicule, in dubbio per Sardegna. Cresce in bassure salmastre dietro alle dune. Il nome generico deriva dal greco 'leimon' (prato); quello specifico deriva dal latino 'densus' (fitto). Forma biologica: emicriptofita rosulata. Periodo di fioritura: giugno-agosto.
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Digitalis lutea
La digitale gialla meridionale è un’entità endemica della penisola italiana, dall'Emilia alla Calabria. Cresce in radure di faggete e boschi misti, nei pascoli e nei cespuglieti, con optimum nella fascia montana inferiore. Tutte le specie di Digitalis contengono un gruppo di glucosidi con potente effetto cardiotonico che le rendono fortemente velenose; oggi queste vengono sintetizzate in laboratorio ed ampiamente usate nell'industria farmaceutica. Il nome generico deriva dal latino 'digitalis' (del dito, ditale) per la forma della corolla; il nome specifico in latino significa ‘gialla’; il nome della sottospecie significa 'meridionale'. Forma biologica: emicriptofita scaposa. Periodo di fioritura: maggio-luglio.
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Vaccinium myrtillus
Il mirtillo nero è una specie a vasta distribuzione circumboreale presente lungo tutto l'arco alpino e sull'Appennino sino al Molise, divenendo sempre meno frequente verso sud. Cresce formando popolamenti densi in brughiere di altitudine e in peccete e faggete altomontane, su suoli profondi, freschi, acidi, ricchi in humus, con optimum dalla fascia montana superiore a quella subalpina, raramente anche più in basso. I frutti del mirtillo sono notoriamente commestibili sia crudi sia in marmellate e sciroppi e contengono un pigmento colorante blu del tipo degli antociani (mirtillina), utilizzato anche come colorante naturali per alimenti con la sigla E163. Le foglie hanno proprietà astringenti. Il nome generico, già usato da Virgilio, probabilmente deriva dalla latinizzazione del greco arcaico 'vakintos' (giacinto a fiore blu) con trasposizione del significato a 'bacca blu', quella del mirtillo nero; il nome specifico in latino significa 'piccolo mirto', in riferimento alla vaga somiglianza delle foglie e dei frutti con quelli del mirto. Forma biologica: camefita fruticosa. Periodo di fioritura: giugno-luglio.
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Yucca aloifolia
Il genere Yucca è originario delle regioni a clima tropicale secco del Nuovo Mondo, come Messico, California e Caraibi. Comprende più di 30 specie di alberi e arbusti che in natura raggiungono anche i 15-20 metri di altezza, ma da noi raramente più alti di 2 metri. Le varie specie prediligono esposizione soleggiata, terreni asciutti e senza ristagno d'acqua, anche se alcune possono crescere in Italia settentrionale in posizioni riparate dal gelo. La specie più coltivata a scopo ornamentale è Y. gloriosa; altre specie sono Y. aloifolia e Y. arborescens. Il nome generico deriva dal nome comune con cui queste piante venivano chiamate nell'America centro-settentrionale; il nome specifico significa 'a foglie d'Aloe' (un genere di piante succulente). Forma biologica: fanerofita cespugliosa. Periodo di fioritura: agosto-settembre.
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Citrus limon
Il limone è probabilmente un ibrido tra l’arancio amaro (Citrus x aurantium) e il cedro (Citrus medica), uno degli agrumi più sensibili al freddo. I limoni furono introdotti in Italia meridionale verso il primo secolo d.C., al tempo dei romani, ma non vennero ampiamente coltivati se non dopo la seconda re-introduzione, dovuta agli arabi, tra il 1000 e il 1150; la prima sostanziale coltivazione di limoni al di fuori dei territori arabi iniziò a Genova verso la metà del XV secolo. Oggi in Italia la coltivazione è limitata alle aree costiere ioniche e tirreniche della Sicilia, Calabria e Campania, in numerose cultivar. Coltivato soprattutto come pianta da frutto, ha rivestito notevole importanza nell'economia locale, non solo per il commercio del frutto, ma anche per l'industria dell'acido citrico. Nel dopoguerra la produzione di citrato per via fermentativa ha soppiantato l'utilizzazione del limone, con grave danno per l'agrumicoltura. Il frutto è particolarmente ricco di vitamine. Il nome generico probabilmente deriva da una lingua pre-indoeuropea, in greco 'citron' e in latino 'citrus', per indicare il cedro, agrume di origine indiana introdotto in Persia e poi in Grecia da Alessandro Magno; il nome specifico deriva probabilmente da un vocabolo di provenienza orientale, arabo o persiano ('limúm'), introdotto in Occidente dagli arabi e dai Crociati insieme alla pianta. Forma biologica: fanerofita scaposa. Periodo di fioritura: tutto l’anno.
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Schinus molle
Il falso pepe del Perù è un albero-arbusto originario delle aree subdesertiche delle Ande, dal Perù al Cile Centrale e all’Argentina nordoccidentale, coltivato a scopo ornamentale nelle parti più calde della regione mediterranea, compresa l’Italia; in Sud Africa e in Australia è divenuto localmente invasivo. Nelle aree di origine alla pianta si attribuiscono proprietà antibatteriche e insetticide; il frutto ha la stessa grandezza del vero pepe e un sapore piccante e viene ancor oggi commercializzato in misture con il vero pepe, anche se sembra essere tossico per gli animali. Il nome generico deriva dal greco ‘schinos’, l’antico nome del lentisco, per la somiglianza di foglie e frutti e la presenza di resine. Forma biologica: fanerofita scaposa.
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Quercus suber
La sughera è un albero sempreverde originario dell'Europa sud-occidentale e dell'Africa nord-occidentale, da tempi remoti naturalizzato e spontaneo in tutto il bacino occidentale del Mediterraneo. Si tratta di una specie termofila che predilige ambienti caldi e moderatamente siccitosi, rifuggendo la siccità estrema o le frequenti gelate invernali. Vegeta prevalentemente su suoli derivati da rocce silicee acide, diventando sporadica su suoli basaltici e calcarei. La vita media è di 250-300 anni, ma diminuisce negli esemplari sfruttati per il sughero. La caratteristica più evidente della sughera è il notevole sviluppo in spessore del ritidoma, che non si distacca mai dalla corteccia, formando un rivestimento detto ‘sughero’. Il sughero si presenta di colore grigio-rossastro nei rami di alcuni anni d'età, prima con screpolature grigio-chiare, poi sempre più larghe e irregolari a causa della trazione tangenziale provocata dall'accrescimento in diametro del fusto. Dopo diversi anni il sughero forma una copertura irregolare e spugnosa di colore grigio, detta comunemente sugherone o sughero maschio. Dopo la rimozione del sughero maschio, il fellogeno produce ogni anno nuovi strati di tessuto sugheroso che formano un rivestimento più compatto e più regolare, detto sughero femmina o gentile. Il nome generico, già in uso presso gli antichi, sembra ricollegarsi alla radice indoeuropea che il latino condivide con le parole celtiche 'kaer' e 'quer' (bell'albero), cioè 'l'albero per eccellenza', ma anche con analoghi termini greci riferiti alla rudezza del legno delle piante appartenenti a questo genere; il nome specifico è quello latino del sughero. Forma biologica: fanerofita scaposa (fanerofita cespugliosa). Periodo di fioritura: aprile-giugno.