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scopri di piùSpecie botaniche
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Olea europaea
L'olivo è l'albero mediterraneo per eccellenza; originario delle regioni mediterranee e dell'Asia minore, è stato utilizzato e diffuso fin dall'antichità per l'estrazione dell'olio e per l'impiego diretto dei frutti nell'alimentazione. In Italia è spontaneo o coltivato in tutta l'area mediterranea, dal livello del mare ai 900 metri circa. L'olivo coltivato ha portamento arboreo, ed è derivato dall'oleastro, la forma spontanea, che si distingue per i rami giovani duri e spinescenti, i frutti più piccoli, le foglie più piccole e ovali ed il portamento arbustivo. Il legno dell'olivo è molto pregiato, durissimo, a grana forte, di colore giallo-bruno, si presta per lavori al tornio e d'incisione. L'olivo è anche una bellissima pianta ornamentale il cui utilizzo come tale si è diffuso negli ultimi anni in gran parte della pianura padana, favorito dalla concomitanza di inverni abbastanza miti. Il nome generico è quello utilizzato dai romani, e deriva dal greco 'elaia'; il nome specifico fa riferimento all'areale tipicamente mediterraneo. Forma biologica: fanerofita cespugliosa/fanerofita scaposa. Periodo di fioritura: aprile-giugno.
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Hottonia palustris
Hottonia palustris
Il fertro è una specie a vasta distribuzione eurosiberiana presente, ma piuttosto rara, in tutte le regioni dell'Italia settentrionale (salvo che in Valle d’Aosta e Liguria), in Toscana e in Lazio. La distribuzione regionale si concentra nella bassa pianura friulana al di sotto della linea delle risorgive, con stazioni anche nell'area dell'anfiteatro morenico e nelle aree umide del Carso goriziano. Cresce in acque stagnanti poco profonde, mesotrofiche, povere di sostanze disciolte e di calcare, spesso in stazioni ombrose e su fango torboso, dal livello del mare a circa 800 m. Il genere è dedicato al medico e botanico olandese Petrus Hotton (1648-1709); il nome specifico si riferisce all’habitat. Forma biologica: idrofita radicante. Periodo di fioritura: aprile-maggio.
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Vitis vinifera
La vite è una liana decidua tipicamente mediterranea, oggi coltivata in tutte le aree del globo con clima di tipo mediterraneo (California, Cile Centrale, Sudafrica, Australia meridionale). I primi riferimenti storici alla vite e al vino si trovano tra i Sumeri nell'Epopea di Gilgamesh (III millennio a.C.); testimonianze della coltura si hanno in numerosi geroglifici egizi, presso i quali il vino era bevanda riservata ai sacerdoti, agli alti funzionari e ai re. Furono i Greci ad introdurre la vitivinicoltura in Europa, già in epoca minoica. Esiodo descrive in dettaglio pratiche di vendemmia e di vinificazione e numerosi sono i riferimenti alla vite e al vino anche in Omero. Ai coloni greci si deve l’introduzione della viticoltura in Italia meridionale, dove la pianta incontrò condizioni climatiche e pedologiche ideali, al punto da far meritare alla regione il nome di Enotria. Studi paleontologici hanno però dimostrato che la pianta della vite era già diffusa in Italia, in particolare in Toscana, dove esisteva prima della comparsa degli etruschi. I Romani perfezionarono ulteriormente le tecniche vitivinicole apprese dagli etruschi, come illustrato da numerose opere, in cui si ritrovano concetti biologici e tecniche di coltura tuttora validi. Nel XIX secolo due malattie fungine e un insetto provenienti dall'America sconvolgono la vite: la peronospora della vite, l'oidio e la fillossera, che distrussero vaste estensioni di vigneti tra il 1870 e il 1950. I coltivatori furono costretti a innestare i vitigni sopravvissuti su specie (e ibridi) di origine americana (Vitis berlandieri, V. rupestris e V. riparia), resistenti alla fillossera, e a utilizzare regolarmente prodotti fitosanitari come lo zolfo e il rame per contrastare l'oidio e la peronospora. A volte la vite appare anche allo stato subspontaneo, in arbusteti e siepi presso gli abitati rurali ed in vegetazioni ruderali, su suoli limoso-argillosi mediamente profondi, neutro-subacidi, ricchi in composti azotati. Il nome generico è il nome latino della vite, che deriva da 'viere' (legare), in riferimento alla flessibilità dei rami; il nome specifico si riferisce alla coltivazione per produrre il vino. Forma biologica: fanerofita lianosa. Periodo di fioritura: maggio-luglio.
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Tradescantia fluminensis
La tradescanzia sudamericana è una specie originaria dell’America meridionale, da noi presente come infestante, inizialmente nelle colture di agrumi in Sicilia, poi anche altrove, oggi nota per diverse regioni italiane, ma più comune al meridione e lungo il versante tirrenico. Le forme che appaiono in via di espansione nel nostro Paese derivano spesso da ibridi coltivati a scopo ornamentale e sfuggiti alla coltivazione, che spesso differiscono dalle forme spontanee presenti in Sudamerica. Cresce in ambienti urbani disturbati, su suoli piuttosto freschi, al di sotto della fascia montana. Il genere è dedicato a John Tradescant il giovane (1608-1662), giardiniere di corte di Carlo I d'Inghilterra poi trasferitosi in Virginia; il nome specifico significa ‘dei fiumi’ e allude all’ecologia della pianta. Forma biologica: geofita rizomatosa. Periodo di fioritura: agosto-settembre.
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Ceiba speciosa
Albero della famiglia delle Bombacacae, originario dell’America Meridionale, particolarmente diffuso in Argentina dove viene chiamato anche “albero ubriaco” (palo borracho). Questo epiteto gli deriva dalla caratteristica forma del tronco: è infatti gonfio alla base perché qui i tessuti accumulano acqua che la pianta utilizza durante i periodi secchi, per cui il fusto, rivestito di spine coriacee a forma di cono, assume la forma di una bottiglia. Le foglie, di color verde brillante, sono composte da 5-7 foglioline allungate.
I fiori, che iniziano a comparire verso la fine dell’estate, in concomitanza con la caduta delle foglie, sono particolarmente vistosi, con petali oblunghi con margini ondulati, lembo di colore rosa o fucsia, internamente sfumato in bianco o giallo, con strie e punteggiature porpora scuro e con al centro un lungo tubo staminale.
Il frutto è una capsula oblunga di colore verde-bruno, lunga 10-15 cm, che si apre lungo linee verticali. All’interno contiene semi scuri globosi, avvolti in ammassi di fibre bianche simili a cotone. Questa fibra è chiamata "falso kapok" (il kapok si ricava invece dalla congenere Ceiba pentandra) e viene utilizzata come isolante termico nelle imbottiture.
Il legno bianco, poroso e molto leggero può venire utilizzato in sostituzione del sughero o per la fabbricazione di botti leggere.
Viene apprezzata come pianta ornamentale nelle regioni tropicali e subtropicali dell'emisfero boreale per la vistosa fioritura. Fu introdotta in Italia verso la fine del XIX secolo, all’Orto botanico di Palermo.
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Kosteletzkia pentacarpos
E’ una pianta erbacea perenne che può arrivare a 2 metri di altezza, ma in genere rimane sugli 80-120 cm. Il fusto è cavo, molto ramificato in genere, coperto da peli a stella-ovate a ovate, le foglie con 3-5 lobi. Fiori numerosi, con petali roseo- violetti, raramente bianchi, frutti a capsula pelosa suddivisa in 5 settori contenenti ciascuno un seme. I semi possono conservare la fertilità anche per 20 anni, ma una serie di agenti patogeni possono ridurne drasticamente il numero.
E’ una specie alofila, cioè che sopporta alte concentrazioni di sale nel terreno, che vive nelle zone di retroduna. Il suo areale è molto ampio e include il Nord America e molte regioni mediterranee (Italia, Spagna, Francia), ma in Europa è fortemente ridotta a causa della pressione antropica e attualmente ridotto a singole popolazioni isolate fra loro, per cui è soggetta a protezione a livello internazionale ((Direttiva Habitat 92/43/UE). Un tempo in Italia era presente in diverse regioni da cui è scomparsa (Toscana, Lazio, Campania e Puglia) e ad oggi è presente solo in Veneto ed Emilia Romagna.
Il genere è dedicato a Kosteletzky, professore di Botanica Medica a Praga; il nome della specie deriva dal greco "pénte" cinque e "carpόs" frutto, in riferimento alla capsula con 5 loculi.
Nela Lista Rossa del Veneto le viene attribuito un livello di rischio “CR”, cioè gravemente minacciata di estinzione.
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Valeriana officinalis
La valeriana comune è una specie a distribuzione europea presente in quasi tutte le regioni d’Italia. Cresce in luoghi umidi, nei boschi di latifoglie decidue e nelle radure, dal livello del mare a 1.400 metri circa, raramente anche più in alto. Uno dei nomi comuni, 'erba dei gatti', deriva dal fatto che la pianta fresca esercita una forte attrazione sui gatti ed è forse questo il motivo per cui, pur essendo decorativa, la si incontra raramente nei giardini. Tutte le specie di valeriana contengono olii essenziali e alcaloidi. Si usa la radice della pianta (che però ha un odore sgradevole), che ha proprietà sedative e calmanti, favorendo il sonno. Il nome generico deriva dal latino 'valere' (vigoroso, sano); il nome specifico deriva dal latino 'officina' (officina, farmacia) in riferimento all’uso a scopo medicinale. Forma biologica: emicriptofita scaposa. Periodo di fioritura: maggio-luglio.
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Solanum tuberosum
La patata è una pianta annua di origine centro-sudamericana, già selezionata a scopo alimentare dalle popolazioni autoctone sin dal secondo millennio a.C. e portata in Europa dagli spagnoli intorno al 1570. Oggi è coltivata in tutte le aree temperate del globo. La diffusione della coltivazione fu lenta, anche per i casi di intossicazione causati dall'esposizione prolungata dei tuberi alla luce. Nei primi anni del Seicento gli agronomi francesi Olivier de Serres e Charles de l'Écluse la descrissero dettagliatamente e quest'ultimo, che fu botanico di corte dell'imperatore Massimiliano II d'Austria, la introdusse nell'impero austro-ungarico. La diffusione del tubero fu poco uniforme: in Francia coinvolse inizialmente poche aree del Delfinato e dell'Alsazia (1666) e in seguito della Lorena (1680) dove nel 1787 viene descritta come cibo principale degli abitanti della campagna; più incisiva fu la penetrazione in aree come la Svezia, la Svizzera e soprattutto l'Irlanda e la Germania. La parola italiana 'patata' deriva dall'omonimo termine spagnolo, preso direttamente dalla sua forma indiana in lingua nahuatl potatl, attraverso però l'uso altrettanto diffuso di termini come 'papa' (che in lingua quechua indica appunto Solanum tuberosum) e 'batatas' per la patata dolce (Ipomoea batatas) che appartiene a una famiglia completamente diversa. In altre lingue è comune anche 'mela di terra' ('pomme de terre' in francese, 'aardappel' in olandese, etc.). Le piante di patata, soprattutto le parti verdi, contengono un alcaloide velenoso termolabile, la solanina, che causa intossicazioni con dolori addominali, diarrea, e nei casi gravi, la morte. Forma biologica: terofita scaposa. Periodo di fioritura: giugno-agosto.
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Aloe ferox
Pianta dalle foglie carnose della famiglia delle Xanthorrhoeaceae, originaria del Sudafrica.
Può sviluppare un fusto alto fino a 5 metri, che porta all’apice una rosetta di grandi foglie succulente, di colore verde scuro, che lungo il margine presentano spine bruno-rossicce, dalle quali deriva il nome della specie. Permangono sul fusto dopo essersi seccate a formare un manicotto protettivo. In primavera vengono prodotti i fiori di color arancione o rosso, portati in vistose infiorescenze che si allungano partendo dal centro della rosetta di foglie.
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Secale cereale
La segale è una specie di origine centroasiatica, oggi ampiamente coltivata per la produzione di farina. La coltura è ristretta a zone fredde per latitudine o altitudine, grazie alla sua resistenza alle basse temperature che ne consente la semina autunnale anche in climi proibitivi per qualsiasi altro cereale. In Italia è coltivata su poche migliaia di ettari, prevalentemente sulle Alpi, e la coltura tende a diminuire con lo spopolamento delle zone marginali di montagna. Cresce su terreni poveri di calcare e spesso appare allo stato subspontaneo negli alvei fluviali, negli incolti e presso le vie. Il nome generico, di probabile origine esotica, è assonante con il latino ‘sécare’ (segare, falciare). Forma biologica: terofita scaposa. Periodo di fioritura: maggio-luglio.
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Triticum aestivum
Il frumento è una pianta annua selezionata dall’uomo in tempi antichissimi a partire da diverse specie selvatiche con corredo cromosomico diploide, oggi coltivato in tutto il mondo. I frumenti diploidi e tetraploidi sono giunti nel bacino del Mediterraneo già alla fine del Neolitico, quelli esaploidi probabilmente più tardi. A volte sfugge alle colture e appare allo stato subspontaneo in ambienti disturbati presso le strade. Il nome generico secondo Varrone deriva dal latino 'tritum' (battuto), per l'uso di battere il frumento onde far uscire il grano dalle spighe. Forma biologica: terofita scaposa. Periodo di fioritura: maggio-giugno.
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Artemisia nitida
Artemisia nitida
Specie osservabile solo in natura: la pianta presente all’Orto botanico (Artemisia absinthium) appartiene allo stesso genere.
L’assenzio lucido è una specie endemica delle Alpi orientali e delle Alpi Apuane presente dalla Lombardia al Friuli e in Toscana. La distribuzione regionale, piuttosto lacunosa, è ristretta al settore alpino (Alpi Carniche e Giulie); nell’area di studio la specie è rarissima. Cresce su rupi soleggiate, su rocce calcaree o eruttive, da 1300 a 1800 m, raramente più in alto. Come le altre specie congeneri contiene il tossico thujone, per cui la commercializzazione dell'assenzio era vietata in Francia sino a poco tempo fa. Il nome generico era già in uso presso i Greci antichi ma è di etimologia incerta: potrebbe riferirsi alla dea Artemide (Diana) o alla regina Artemisia, moglie di Mausolo, re di Caria. Forma biologica: camefita suffruticosa. Periodo di fioritura: agosto-settembre.