
L'Orto botanico torna ad accogliere i visitatori a marzo, con l'arrivo della primavera.
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Due nuovi contributi video realizzati in occasione della giornata dedicata a Charles Darwin (12 febbraio)
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Daucus carota
La carota selvatica, originaria dalla parte meridionale dell'Eurasia ma oggi diffusa nelle zone temperate di tutto il mondo, è presente con diverse sottospecie in tutte le regioni d’Italia. Cresce sia negli aspetti più aridi dei prati da sfalcio che in vegetazioni ruderali presso gli abitati, nelle discariche, nelle cave, lungo le vie, su suoli non molto profondi ma ricchi in basi e composti azotati, a volte anche subsalsi, dal livello del mare a 1.400 metri circa. La radice era conosciuta sin dall'antichità e Plinio la cita per le proprietà cicatrizzanti, diuretiche e digestive; le carote 'antiche' erano però sottili e nodose, con gusto acre e polpa biancastra 'dura come pietra', in quanto la selezione delle carote coltivate oggi iniziò nel XVI secolo. Il nome generico deriva dal greco dal greco 'daio' (bruciare, riscaldare) forse per le presunte proprietà riscaldanti della pianta; il nome specifico era già in uso presso gli antichi Greci. Forma biologica: emicriptofita bienne (terofita scaposa). Periodo di fioritura: aprile-ottobre.
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Primula recubariensis
Specie osservabile solo in natura: la pianta presente all’Orto botanico (Primula auricula) appartiene allo stesso genere.
Fra le primule del Veneto e dell’Italia è sicuramente un elemento di rilievo per l’areale ridottissimo: si trova unicamente nel Gruppo del Carega e sulla Catena delle Tre Croci al confine tra Veneto e Trentino. Questa minuscola primula dalla corolla violetta cresce su fessure, anfratti ombreggiati e umidi delle rupi, su roccia calcareo – dolomitica, quasi sempre esposta a nord, tra 1400 e 2030 metri. Fu descritta nel 1997 per le guglie del Monte Fumante, nel comune di Vallarsa in Trentino, una zona piuttosto conosciuta da arrampicatori ed escursionisti. Fu dedicata a Recoaro, come indicato dal nome della specie. Fino ad allora era stata scambiata per la simile Primula hirsuta All., che tuttavia vegeta su rocce silicee a razione acida. Il periodo di fioritura comprende maggio e giugno.
La Lista Rossa del Veneto indica il livello di minaccia “NT” cioè quasi a rischio.
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Morus alba
Il gelso bianco, originario dell'Asia orientale, fu introdotto in Europa nel XII secolo per l'allevamento del baco da seta che lo preferisce al gelso nero (la presenza in Italia è documentata dal 1434). Oggi è presente in quasi tutte le regioni d’Italia. Cresce in filari piantati dall’uomo ai margini degli abitati. I frutti sono commestibili, anche se quasi mai appaiono sul mercato per la difficile conservazione. Il nome generico è quello utilizzato dagli antichi romani per il gelso nero, pianta da loro già conosciuta perché originaria dell'Asia Minore; deriva a sua volta dal greco antico 'meros' (parte), in riferimento all'infruttescenza formata da tanti piccoli frutti con involucro carnoso; il nome specifico deriva dal latino 'albus' (bianco) e si riferisce sempre ai frutti ma questa volta al loro colore prevalente (esistono anche forme a frutti rosa o violetti, che possono generare confusione col gelso nero). Forma biologica: fanerofita scaposa. Periodo di fioritura: aprile-maggio.
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Ficus carica
Il fico è una specie originaria dell'area pontica (Turchia settentrionale, costa del Mar Nero), con estensione a tutto il Mediterraneo, da noi di antichissima introduzione precolombiana come altre specie legnose di interesse economico (castagno, bagolaro, noce). È presente in tutte le regioni d’Italia, spontaneo o coltivato, dal livello del mare a 800 metri circa, anche come piccolo arbusto su muri e in stazioni rupestri soleggiate. Il frutto che chiamiamo fico è in realtà un'infiorescenza carnosa e cava (siconio) tappezzata all'interno da piccoli fiori femminili e/o maschili privi di calice e corolla. Quelli femminili, una volta impollinati, si trasformano nei veri frutti, cioè piccoli acheni di aspetto granulare. In natura la disseminazione del fico è strettamente legata al ciclo vitale di un piccolo imenottero, la Blastophaga psenes. Certe piante dette caprifico non producono siconi commestibili per il fatto che questi cadono apparentemente immaturi (rimangono stopposi); in realtà si tratta di individui con funzione maschile, i loro siconi, cioè, contengono sia fiori maschili sia fiori femminili a stilo breve, che per tale motivo non impediscono a Blastophaga di raggiungerli e trasformarli in galle per la deposizione delle uova. Quindi il caprifico è unicamente donatore di quel polline che viene poi trasportato dall'insetto quando va a visitare altri siconi. Nei siconi di altre piante (fichi 'femmina'), l'imenottero trova unicamente fiori femminili, questa volta in maggioranza a stilo lungo, tali cioè da impedirgli di raggiungere gli ovari per pungerli e deporvi le uova e nel contempo tali da costringerlo a urtare gli stigmi lasciandovi attaccati i granuli di polline involontariamente raccolti nelle visite al caprifico. A questo punto si innesca lo sviluppo di frutti normali (acheni con seme all'interno) e la contemporanea trasformazione del siconio in un corpo carnoso e zuccherino (i semi verranno dispersi per via endozoica). La fioritura di inizio primavera garantisce un'impollinazione delle piante 'femminili', mentre le successive fioriture, specialmente la seconda, possono sviluppare sulle stesse fichi in prevalenza partenocarpici, quali si ritrovano in molte cultivar selezionate appunto per essere autosufficienti; in questi siconi 'da tavola' gli acheni sono guscetti vuoti senza seme, ma vi si possono trovare pure fiori a stilo breve trasformati in galle dalla Blastophaga, riconoscibili come pallini più grandi. La disseminazione avviene soprattutto a opera di uccelli e micromammiferi. Il nome generico deriva dalla medesima radice indoeuropea del greco 'sýkos' (fico), quello specifico allude alla Caria, regione della Turchia donde si riteneva provenire la pianta. Forma biologica: fanerofita scaposa. Periodo di fioritura: febbraio-marzo (maturazione: giugno-luglio); maggio-giugno (maturazione: luglio-ottobre); settembre (maturazione: dicembre-aprile).
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Myrtus communis
Il mirto, presente allo stato spontaneo nella macchia mediterranea, è spesso coltivato come pianta ornamentale in parchi e giardini, da cui a volte sfugge soprattutto nell'Italia mediterranea. Il nome generico deriva da ‘mýrtos’, quello greco della pianta, e questo forse deriva da ‘mýro’ (io stillo); è legato a quello di Myrsine, leggendaria fanciulla greca uccisa da un giovane da lei battuto nei giochi ginnici e trasformata da Pallade in un arbusto di mirto. Periodo di fioritura: giugno-luglio.
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Magnolia grandiflora L.
È una pianta arborea a foglie persistenti (per questo è anche indicata come magnolia sempreverde), originaria delle regioni meridionali degli Stati Uniti, dalla Florida al Texas, che può raggiungere i 20-30 metri di altezza. In Italia è molto coltivata in parchi e giardini pubblici e privati, e viene apprezzata per la sua forma conico-piramidale, le grandi foglie di un verde intenso, lucide nella pagina superiore e bruno rugginose nella inferiore, che creano un notevole contrasto cromatico.
In estate all'apice dei rami compaiono dei vistosi fiori bianchi e profumati che possono raggiungere un diametro di 20-25 cm. Molto decorativi sono anche i semi che, quando raggiungono la maturità, diventano rossi e sporgono dall'infruttescenza a cono che ricorda molto una pigna. È una specie che ama posizioni soleggiate, terreni profondi, fertili e permeabili e che mal sopporta eccessivi ristagni d'acqua o condizioni di aridità prolungate; tollera però le gelate non troppo intense.
L'esemplare più vecchio di Magnolia grandiflora dell'Orto botanico risale al 1786 ed è ritenuto uno dei primi introdotti in Italia, se non il primo. Si trova nel quarto omonimo tra le porte Ovest e Sud; non ha grandi dimensioni, ma il tronco alla base è ben sviluppato e da esso si dipartono vistose radici.
Altri due individui notevoli di magnolia, messi a dimora agli inizi del 1800, si possono ammirare presso l'ingresso dell'Orto; essi sono attualmente oggetto di particolari cure fitosanitarie e vengono tuttora costantemente monitorati in quanto affetti da un'infezione fungina.
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Neoregelia tristis
Pianta appartenente alla famiglia delle Bromeliaceae, endemica del Brasile. Su un fusto molto corto è inserita una rosetta di foglie lunghe e piatte che al centro formano una coppa nella quale si accumula l'acqua piovana, utile riserva per la pianta e nella quale spesso si sviluppano una ricca flora e fauna. Quando la pianta fiorisce le foglie al centro della rosetta colorazioni vivaci, dal rosso vivo al violetto, la rosetta si allarga e al centro compare un’infiorescenza bassa e piatta con piccoli fiori bianchi o blu. La pianta impiega due-tre anni per iniziare a fiorire, la fioritura continua per qualche mese e infine la pianta muore, dopo aver però prodotto polloni basali, dai quali ricomincia il ciclo vitale.
È soprattutto apprezzata come pianta ornamentale vista anche la sua capacità di adattarsi a molteplici condizioni.
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Lilium carniolicum
Lilium carniolicum
Il giglio della Carniola è una specie a distribuzione nord-illirica estesa alle catene meridionali delle Alpi Orientali e dei massicci limitrofi, in Italia presente solo in Veneto e Friuli Venezia Giulia. La distribuzione regionale è di tipo strettamente alpico-carsico; in Carso la specie si concentra nella parte sudorientale più alta del territorio, ove è rara. Cresce negli orli di boschi termofili di latifoglie decidue e in lande rupestri incespugliate, su suoli calcarei subaridi, poco profondi, ricchi in scheletro e poveri in humus, dai 400 ai 1400 m circa. Il nome generico era già in uso presso i Romani; il nome specifico si riferisce alla Carniola, antica regione corrispondente più o meno all’odierna Slovenia. Forma biologica: geofita bulbosa. Periodo di fioritura: maggio-luglio.
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Allium cepa
La cipolla (dal latino 'caepula') è ampiamente coltivata come alimento e condimento; non si conoscono popolazioni selvatiche, ma specie affini sono presenti in Iran e in Asia Centrale. La specie raramente appare in modo effimero allo stato subspontaneo presso gli abitati. la coltivazione potrebbe aver avuto inizio in Mesopotamia o nell'antico Egitto: l'uso delle cipolle nelle sepolture è dimostrato dai resti di bulbi rinvenuti nelle orbite di Ramesse II. Nell'antica Grecia gli atleti mangiavano cipolle in grandi quantità, poiché si credeva che esse alleggerissero il sangue; i gladiatori romani si strofinavano il corpo con cipolle per rassodare i muscoli. Le cipolle sono ricche di vitamine e sali minerali e il caratteristico odore dei bulbi tagliati è dovuto all'abbondanza di solfossidi; affettare le cipolle fa lacrimare gli occhi perché dei precursori presenti nel citoplasma, gli alchil o alchenil cisteina solfossidi, dopo il taglio si combinano con la allinasi producendo acidi solfenici, piruvato e ammoniaca; l'acido sulfenico, se attaccato da un secondo enzima produce una molecola volatile e idrosolubile che, quando entra in contatto con l'umore acquoso presente sul bulbo oculare, si trasforma in acido solforico. Il nome generico, già in uso presso i romani, deriva da una radice indoeuropea che significa 'caldo', 'bruciante', per l'odore e sapore pungenti dei bulbi. Forma biologica: geofita bulbosa. Periodo di fioritura: giugno-agosto.
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Filipendula ulmaria
L’olmaria comune è una specie a vasta distribuzione eurosiberiana presente in tutte le regioni dell’Italia continentale (dubitativamente in Umbria). Cresce in prati umidi, fossati, ruscelletti, paludi e boschi ripariali, dal livello del mare alla fascia montana. Assieme al salice, è considerata l''aspirina vegetale': l'acido salicilico fu scoperto nel 1839 nei fiori di una Filipendula, a quel tempo inclusa nel genere Spiraea, per cui fu chiamato 'acido spirico'; nel 1859 il chimico tedesco Hoffmann acetilò l'acido salicilico, ottenendo l'acido acetilsalicilico o acido acetilspirico, da cui la Bayer coniò il termine 'aspirina'. Con i fiori si aromatizzano i vini dolci, che assumono sapore di moscato; le foglie tingono in bruno e in nero; dalle gemme si estrae un olio usato in profumeria. Il nome generico deriva dal latino 'filum' (filo) e 'pendulum' (pendulo), per gli ingrossamenti tuberiformi che pendono dalle radici di alcune specie; il nome specifico si riferisce alla somiglianza dei segmenti fogliari con le foglie dell'olmo. Forma biologica: emicriptofita scaposa. Periodo di fioritura: maggio-luglio.
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Yucca aloifolia
Il genere Yucca è originario delle regioni a clima tropicale secco del Nuovo Mondo, come Messico, California e Caraibi. Comprende più di 30 specie di alberi e arbusti che in natura raggiungono anche i 15-20 metri di altezza, ma da noi raramente più alti di 2 metri. Le varie specie prediligono esposizione soleggiata, terreni asciutti e senza ristagno d'acqua, anche se alcune possono crescere in Italia settentrionale in posizioni riparate dal gelo. La specie più coltivata a scopo ornamentale è Y. gloriosa; altre specie sono Y. aloifolia e Y. arborescens. Il nome generico deriva dal nome comune con cui queste piante venivano chiamate nell'America centro-settentrionale; il nome specifico significa 'a foglie d'Aloe' (un genere di piante succulente). Forma biologica: fanerofita cespugliosa. Periodo di fioritura: agosto-settembre.
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Ilex aquifolium
L'agrifoglio è una specie a distribuzione subatlantica presente in Europa ed Asia Minore, diffusa in tutte le regioni d’Italia in boschi misti mesofili, con optimum nella fascia montana, ma ormai piuttosto rara allo stato spontaneo. È considerata una pianta magica fin da prima dell'avvento del Natale cristiano: le si attribuiva il potere di proteggere dai demoni e di portare fortuna. I primi utilizzi risalgono all'Irlanda, dove anche le famiglie più povere potevano permettersi di usarla per decorare le abitazioni, tradizione poi passata ai popoli cristiani durante il periodo natalizio: la struttura della foglia infatti ricorda la corona di spine di Gesù Cristo e i frutti rossi il suo sangue. Oggi viene impiegata esclusivamente come pianta ornamentale, da cui sono state ricavate numerose cultivar, alcune con foglie variegate. I margini delle foglie sono interi in quelle dei rami vecchi, spinosi in quelle dei rami giovani, ma i due tipi di foglie possono coesistere sullo stesso individuo. L'agrifoglio può vivere circa 300 anni; le foglie e soprattutto i frutti sono fortemente tossici per l'uomo. Il nome generico deriva dal latino e allude alla somiglianza della forma delle foglie con quelle del leccio (Quercus ilex); il nome specifico deriva dal latino 'acrifolium', parola composta da 'acer' (acuto) e 'folium' (foglia), per le foglie a margine spinoso-appuntito. Forma biologica: fanerofita cespugliosa/ fanerofita scaposa. Periodo di fioritura: aprile-maggio.