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Specie botaniche
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Moehringia glaucovirens
Moehringia glaucovirens
La moehringia verde-glauca vive negli anfratti della roccia, nelle rupi calcaree strapiombanti e asciutte, dai 400 ai 2000 m di quota. Appartiene alla famiglia delle Caryophyllaceae, la stessa del garofano, ed ha fusti delicati che formano cuscinetti lassi di circa 15 cm di diametro. Le foglie sono sottili e filiformi, opposte, di colore verde – azzurro. I fiori sono inferiori al mm, con 5 petali candidi.
E’ una specie endemica, con areale molto ridotto, comprendente due settori, uno sulle Dolomiti orientali e uno in Lombardia, dalla Val Trompia nel Bresciano fino al lago di Garda
In Veneto è inserita nelle Liste Rosse regionali con livello di rischio “EN”, cioè in pericolo di estinzione.
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Lavandula augustifolia
La lavanda a foglie strette è una specie con distribuzione mediterranea a baricentro occidentale, in Italia coltivata quasi ovunque ma presente allo stato spontaneo in poche regioni, prevalentemente lungo le coste tirreniche della Penisola. Cresce in macchie basse e garighe su substrati prevalentemente silicei. Viene coltivata sia a scopo ornamentale che per l'estrazione degli olii essenziali ampiamente usati in profumeria. Gli antichi Greci chiamavano questa pianta ‘nardo’, alludendo alla città siriana di Naarda: era una delle erbe sacre usate nel tempio di Gerusalemme (il nardo è menzionato più volte nella Bibbia, come ad es. nel Canto di Salomone). Conosciuta fin dai tempi più antichi per le proprietà antisettiche, analgesiche, battericide, vasodilatatorie, è considerata un blando sedativo. Il nome generico si riferisce all'antico uso per profumare i vestiti appena lavati, quello specifico alle foglie strette e sottili. Forma biologica: nanofanerofita. Periodo di fioritura: giugno-settembre.
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Capparis spinosa
Il cappero è un arbusto prevalentemente mediterraneo, presente allo stato spontaneo in quasi tutte le regioni d'Italia ma più comune al centro-sud. Cresce su rupi e vecchi muri, in luoghi assolati e caldi. Già descritto da Dioscoride e Galeno che gli attribuivano proprietà medicinali, è ancor oggi ampiamente utilizzato in cucina ove si utilizzano i fiori immaturi trattati in salamoia o sotto sale (capperi); in alcune regioni vengono mangiati e commercializzati anche i frutti (cucunci). Il nome generico sembra derivare da quello arabo della pianta ('kabar' o ' kappar'), il nome specifico si riferisce alle stipole che a volte si trasformano in spine. Forma biologica: nanofanerofita. Periodo di fioritura: maggio-giugno.
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Senecio paludosus
Senecio paludosus
Il senecione di palude è una specie a distribuzione prevalentemente centroeuropea, presente in Italia settentrionale dalla Venezia Giulia alla Lombardia. E’ una pianta erbacea perenne della famiglia delle Asteraceae, di grande taglia, a fiori gialli. Cresce nei cariceti e nei canneti, lungo fossi e canali e nei prati umidi, dal livello del mare ai 600 m circa.
Fiorisce da giugno a settembre.
La pianta è tossica per la presenza di alcaloidi ad azione lenta ma molto dannosa per il fegato e cancerogena, che possono anche passare al miele ed al latte. Il nome generico sembra riferirsi a San Giacomo, quello specifico allude all'habitat.
Recenti studi filogenetici molecolari hanno comportato il trasferimento dal genere Senecio, al “vecchio” genere Jacobaea, nome coniato da Miller nel 1754 nel “The Gardeners Dictionary”.
Nel territorio veneto è presente in diverse stazioni, fra cui il Parco Naturale Regionale del fiume Sile, le rive dell’Adige nei pressi della foce, la palude del Busatello e le aree pianeggianti perieuganee.
Entità protetta a livello nazionale, nella Lista Rossa del Veneto le viene attribuito un livello di rischio “EN”, cioè minacciata di estinzione.
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Ginkgo biloba L.
Il ginkgo è la sola specie vivente del gruppo delle Ginkgophyta e senza dubbio la pianta a semi più antica. Piante molto simili ad essa erano diffuse su tutte le terre emerse nel Giurassico e nel Cretaceo, ma poi andarono progressivamente scomparendo, tranne questo grande albero che Darwin definì "fossile vivente".
Originaria probabilmente della Cina interna, e considerata per molto tempo estinta allo stato spontaneo, sembra essere stata invece ritrovata in formazioni boschive naturali in una piccola zona nei pressi di Nanchino. Il ginkgo è comunque coltivato da sempre nei giardini dei templi e dei luoghi di culto in Cina e soprattutto in Giappone, venerato come "albero sacro" perché si riteneva proteggesse dai cattivi spiriti e perché rappresentava il simbolo della coincidenza tra gli opposti e dell'immutabilità delle cose.
Si tratta di un albero imponente, a lento accrescimento e molto longevo, che può superare i 30 metri di altezza. Molto comune in parchi e giardini e apprezzato per la forma a ventaglio bilobato delle sue foglie che, prima di cadere in autunno, assumono un bel colore dorato, esso dimostra una particolare resistenza alle malattie, agli attacchi di funghi e di organismi fitofagi, come pure all'inquinamento atmosferico. Si tratta di una specie dioica, cioè a sessi separati, con fiori maschili e femminili portati su piante diverse. Nei giardini pubblici e nelle alberature stradali si preferiscono gli individui maschili, poiché i semi prodotti da quelli femminili emanano un odore rancido per la presenza di acido butirrico nell'involucro carnoso esterno, molto sviluppato e responsabile anche di serie dermatiti da contatto. I semi in Oriente sono usati nell'alimentazione, dopo essere stati sottoposti a fermentazione per liberarli dall'involucro esterno.
Il nome del genere "Ginkgo" ha origini giapponesi e significa "albicocca d'argento" (gin=argento; kyo=albicocca) perché i semi a maturazione sembrano appunto albicocche infarinate. Il nome della specie, "biloba", si riferisce alla forma bilobata della foglia. "Ginkgo" è però un nome erroneo, causato da un errore di stampa riportato da Linneo (in Mantissa plantarum, 1767), al posto di "Ginkyo", che rappresenta la pronuncia originale del nome giapponese; questo nome però è ormai fissato dalle regole di nomenclatura.
Secondo la tradizione il maestoso ginkgo situato all'interno della porta Nord nel quarto omonimo venne importato a Padova nel 1750. Si tratta di un esemplare maschile su cui, verso la metà dell'Ottocento, fu innestato a scopo didattico un ramo femminile. Ogni anno questo ramo si ricopre di ovuli, portati generalmente in coppia da brevi peduncoli, che in autunno si trasformano in semi carnosi giallastri. Il vecchio ginkgo ha perso la sua caratteristica forma a cono a causa di un fulmine; la forma tipica si può invece ammirare in un individuo più giovane situato al di fuori del muro, subito dietro alla serra che ospita la palma di Goethe e di fronte alla prima delle serre ottocentesche.
Questa pianta raccoglie da sempre l'interesse di artisti e poeti di tutto il mondo: tra i più illustri Wolfgang Goethe, che le dedicò uno scritto.
Il Ginkgo biloba è attualmente molto studiato in campo medico. Le sue foglie contengono infatti numerosi flavonoidi e ginkgolidi (a struttura terpenica), sostanze utili per la prevenzione e la cura di patologie del microcircolo, soprattutto di natura aterosclerotica e sostenute da aumentata aggregabilità piastrinica. E' inoltre utile nell'insufficienza cerebrovascolare con deficit cognitivo, oltre che nei disturbi auditivi e dell'equilibrio. Le sue numerose attività terapeutiche ne sconsigliano però l'uso per automedicazione: è indispensabile un controllo da parte del medico. Sono ancora da evitare associazioni con farmaci che modificano l'aggregazione piastrinica (per es. l'aspirina), per la possibilità di pericolose interazioni.
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Digitalis lutea
La digitale gialla meridionale è un’entità endemica della penisola italiana, dall'Emilia alla Calabria. Cresce in radure di faggete e boschi misti, nei pascoli e nei cespuglieti, con optimum nella fascia montana inferiore. Tutte le specie di Digitalis contengono un gruppo di glucosidi con potente effetto cardiotonico che le rendono fortemente velenose; oggi queste vengono sintetizzate in laboratorio ed ampiamente usate nell'industria farmaceutica. Il nome generico deriva dal latino 'digitalis' (del dito, ditale) per la forma della corolla; il nome specifico in latino significa ‘gialla’; il nome della sottospecie significa 'meridionale'. Forma biologica: emicriptofita scaposa. Periodo di fioritura: maggio-luglio.
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Epipactis thesaurensis
Specie osservabile solo in natura: la pianta presente all’Orto botanico (Epipactis palustris) appartiene allo stesso genere.
Il nome della specie deriva dal Monte Tesoro, nel territorio del comune di S. Anna d’Alfaedo, nel settore occidentale dei Monti Lessini. E’ nota unicamente per la Lessinia veronese, con due stazioni nella parte occidentale e una nella parte orientale, scoperta nel 2009. Predilige i boschi di latifoglie, su suolo poco acido, da 650 a 900 m di quota. Alta fino a 40 cm, lungo il fusto presenta foglie molto lunghe, infiorescenza con fiori penduli e poco aperti, con sepali verdi e petali di verdognoli con sfumature rosate, caratterizzati dalla parte apicale del labello, chiamata epichilo, di color violetto. Fiorisce nella stagione estiva, in luglio.
E’ stata descritta recentemente, nel 2007, e la sua distribuzione è ancora in fase di studio, come pure ancora dibattuta è la sua posizione tassonomica.
Nella Lista Rossa del Veneto è classificata come “NT”, quasi a rischio di estinzione.
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Olea europaea
L'olivo è l'albero mediterraneo per eccellenza; originario delle regioni mediterranee e dell'Asia minore, è stato utilizzato e diffuso fin dall'antichità per l'estrazione dell'olio e per l'impiego diretto dei frutti nell'alimentazione. In Italia è spontaneo o coltivato in tutta l'area mediterranea, dal livello del mare ai 900 metri circa. L'olivo coltivato ha portamento arboreo, ed è derivato dall'oleastro, la forma spontanea, che si distingue per i rami giovani duri e spinescenti, i frutti più piccoli, le foglie più piccole e ovali ed il portamento arbustivo. Il legno dell'olivo è molto pregiato, durissimo, a grana forte, di colore giallo-bruno, si presta per lavori al tornio e d'incisione. L'olivo è anche una bellissima pianta ornamentale il cui utilizzo come tale si è diffuso negli ultimi anni in gran parte della pianura padana, favorito dalla concomitanza di inverni abbastanza miti. Il nome generico è quello utilizzato dai romani, e deriva dal greco 'elaia'; il nome specifico fa riferimento all'areale tipicamente mediterraneo. Forma biologica: fanerofita cespugliosa/fanerofita scaposa. Periodo di fioritura: aprile-giugno.
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Moehringia bavarica
Sulle rupi ombrose calcaree, talvolta strapiombanti, della Lessinia cresce una piccola pianta della famiglia delle Caryophyllaceae che in Italia troviamo in Lombardia, Trentino Alto Adige e Veneto. I fusticini, legnosi alla base, crescono penduli, formando dei cuscinetti semisferici abbarbicati alle rocce. Le foglie sono glabre, di colore verde chiaro, lineari, quasi cilindriche perché spesso lievemente succulente. I fiori a forma di stella hanno 5 petali bianchi.
Il nome del genere è dedicato al naturalista tedesco Paul Heinrich Gerhard Mœhring (1710÷1792), mentre quello della specie deriva da bavaricus, cioè bavarese.
Nella Lista Rossa del Veneto è classificata come “LC”, cioè a minor rischio.
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Allium sativum
L'aglio da cucina è una pianta bulbosa coltivata sin dall'antichità e selezionata a partire da progenitori di probabile origine centro-asiatica occidentale. Oggi esiste solo come pianta coltivata, ma appare qua e là in tutto il territorio italiano allo stato subspontaneo, soprattutto presso gli abitati. L'odore caratteristico è dovuto a numerosi composti organici di zolfo tra cui l'alliina ed i suoi derivati, come l'allicina ed il disolfuro di diallile. Nel folclore europeo si riteneva che l'aglio tenesse lontani i vampiri, forse perché i vampiri erano considerati dei 'parassiti' e per il fatto che l'aglio ha proprietà antielmintiche. Il potere antisettico era noto fin dall'antichità: nel Medioevo i medici usavano delle mascherine imbevute di succo d'aglio per proteggersi dalle infezioni. Il nome generico, già in uso presso i romani, deriva da una radice indoeuropea che significa 'caldo', 'bruciante', per l'odore e sapore pungenti dei bulbi, il nome specifico significa ‘coltivato’. Forma biologica: geofita bulbosa. Periodo di fioritura: giugno-luglio.
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Hydrocharis morsus-ranae
Hydrocharis morsus-ranae
Il morso di rana è una specie a vasta distribuzione eurasiatico-temperata presente in tutte le regioni dell’Italia centro-settentrionale. La distribuzione regionale è limitata alla parte più vicina alla costa della bassa pianura friulana e alle aree umide presso Monfalcone, con alcune segnalazioni storiche più a nord, non confermate in tempi recenti (la specie è in regresso a causa dell’eutrofizzazione). Cresce in acque calme, fossi e paludi con acque stagnanti meso-eutrofiche, non o poco inquinate, dal livello del mare a circa 500 m. Il nome generico deriva dal greco 'hydor' (acqua) e 'charis' (gioia, ornamento), quello specifico probabilmente si riferisce alla credenza che le rane si nutrissero di tale pianta. Forma biologica: idrofita radicante. Periodo di fioritura: luglio-settembre.
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Morus alba
Il gelso bianco, originario dell'Asia orientale, fu introdotto in Europa nel XII secolo per l'allevamento del baco da seta che lo preferisce al gelso nero (la presenza in Italia è documentata dal 1434). Oggi è presente in quasi tutte le regioni d’Italia. Cresce in filari piantati dall’uomo ai margini degli abitati. I frutti sono commestibili, anche se quasi mai appaiono sul mercato per la difficile conservazione. Il nome generico è quello utilizzato dagli antichi romani per il gelso nero, pianta da loro già conosciuta perché originaria dell'Asia Minore; deriva a sua volta dal greco antico 'meros' (parte), in riferimento all'infruttescenza formata da tanti piccoli frutti con involucro carnoso; il nome specifico deriva dal latino 'albus' (bianco) e si riferisce sempre ai frutti ma questa volta al loro colore prevalente (esistono anche forme a frutti rosa o violetti, che possono generare confusione col gelso nero). Forma biologica: fanerofita scaposa. Periodo di fioritura: aprile-maggio.