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Scopri di piùSpecie botaniche
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Cycas revoluta
La cycas, scoperta alla fine del Settecento, è nativa del Giappone meridionale; fu messa per la prima volta a dimora in Europa nel 1793, presso l'Orto botanico di Palermo. Cresce in terreni sabbiosi, ben drenati, in aree con estati molto calde (temperature medie di 30-35°C) ma tollera anche climi con temperature più basse; l’occasionale esposizione a temperature al di sotto dello zero può però causare danni alle foglie. Il midollo del tronco è utilizzato per la preparazione del sago, una fecola di impiego alimentare; nei luoghi di produzione il sago rappresenta un prodotto di notevole importanza alimentare e viene anche esportato. La pianta, anche in quantità limitate, se ingerita da cani o gatti può provocare danni respiratori ed epatici, e nei casi più gravi la morte; il nome specifico si riferisce al caratteristico aspetto revoluto delle foglie giovani.
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Elettaria cardamomum
Il “cardamomo verde”, o “vero cardamomo”, è specie nativa dell’India meridionale dove, per il suo aroma pungente, trova largo impiego in cucina nella preparazione di piatti dolci e salati oltre che per bevande tipiche (caffè alla turca, tè iraniano). E’ una specie perenne a rizoma legnoso da cui si dipartono lunghe foglie lanceolate e una spiga di grandi fiori violetti o, più raramente, bianchi che producono frutti a capsula contenenti parecchi semi scuri. La spezia è data da questi ultimi che vengono impiegati freschi poiché all’aria perdono rapidamente il loro aroma. A scopo terapeutico, i semi di cardamomo si sono dimostrati efficaci in caso di disturbi gastrointestinali e come antisettico. La pianta, nota anche agli antichi Greci e Romani, occupa il terzo posto tra le spezie più care al mondo.
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Laurus nobilis
L'alloro è un albero sempreverde a distribuzione mediterraneo-atlantica, di antica introduzione in Italia settentrionale, ove anche grazie ai merli che ne diffondono i semi è diffuso anche allo stato subspontaneo. È presente in tutte le regioni d’Italia (in Valle d'Aosta, Trentino-Alto Adige, Veneto e Friuli Venezia Giulia come pianta avventizia). Cresce in stazioni soleggiate nella zona dell'olivo; altrove, con l'edera ed il pungitopo, forma piccole oasi di laurofille sempreverdi, soprattutto su substrati arenacei freschi, dal livello del mare a 800 metri circa. Le foglie sono notissime come condimento. I frutti contengono olii essenziali e un grasso impiegato in profumeria. L'olio di lauro, estratto dai semi, è un componente dell'olio laurino, utilizzato contro i dolori reumatici. La pianta è tradizionale simbolo di gloria e di affermazione: la 'laurea' prende il nome proprio dalle corone d’alloro. Il nome generico, assonante con il celtico 'lauer' (sempreverde) e con il sanscrito 'daru' (albero), è quello utilizzato dagli antichi romani; il nome specifico si riferisce all'uso celebrativo della pianta. Forma biologica: fanerofita cespugliosa (fanerofita scaposa). Periodo di fioritura: marzo-aprile.
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Malva sylvestris
La malva comune è una specie originariamente diffusa dall'Europa centro-meridionale all'Asia ma oggi divenuta subcosmopolita, presente in tutte le regioni d'Italia. Cresce in ambienti ruderali lungo le vie e alla base dei muri, nelle discariche, nelle aiuole, in giardini e orti, su suoli da sabbiosi a limoso-argillosi, spesso subaridi d'estate, ricchi in composti azotati, dal livello del mare alla fascia montana. La pianta è ricca di mucillagini e ha avuto diversi impieghi come pianta medicinale sin dall'antichità per le proprietà emollienti, calmanti, antifiammatorie, espettoranti e lassative; i frutti immaturi e i getti giovani sono commestibili in insalata. Il nome generico deriva dal greco 'malàkhe' (molle, emolliente) in relazione alle proprietà emollienti dei frutti non maturi, delle foglie e dei germogli; il nome specifico potrebbe trarre in inganno in quanto non si tratta di una specie boschiva. Forma biologica: emicriptofita scaposa. Periodo di fioritura: maggio-settembre.
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Prunus dulcis
Il mandorlo è una pianta originaria dell'Europa e dell'Asia occidentale, coltivata in tutto il territorio italiano e talvolta presente allo stato subspontaneo, segnalata come specie avventizia in quasi tutta Italia, dal livello del mare agli 800 metri circa. Le mandorle sono da sempre usate a scopo alimentare e medicinale. Vengono consumate fresche o usate per la preparazione di svariati dolci; le mandorle amare, ottenute da una varietà selezionata, conferiscono ai prodotti di pasticceria un gusto particolare, ma vanno usate con moderazione per la loro ben nota tossicità dovuta a elevate quantità di glicosidi cianogenetici ad azione tossica. L'olio di mandorle ottenuto dalla spremitura di mandorle dolci e soprattutto amare (private delle sostanze tossiche con distillazione) è un cosmetico famoso fin dall'antichità. Il latte di mandorle è un ottimo antinfiammatorio. Il nome generico, già in uso presso i Romani, è di etimologia incerta (deriva comunque dal greco ‘prunon’, che significa ‘prugna’). Forma biologica: fanerofita scaposa. Periodo di fioritura: (gennaio)febbraio-marzo.
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Centaurea tommasinii
E’ una specie molto vicina al fiordaliso, ha fiori rosa e vive nelle zone sabbiose e aride dei litorali adriatici dal Friuli alle Marche e nelle dune fossili del Delta del Po. Può formare popolazioni molto numerose, dando luogo a splendide fioriture nel periodo da giugno a luglio. Fusto e foglie sono coperti da peli chiari che le conferiscono una colorazione argentata. Le foglie basali sono divise in lacinie sottili.
Nella Lista Rossa del Veneto è classificata come “NT”, quasi a rischio di estinzione.
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Vitis vinifera
La vite è una liana decidua tipicamente mediterranea, oggi coltivata in tutte le aree del globo con clima di tipo mediterraneo (California, Cile Centrale, Sudafrica, Australia meridionale). I primi riferimenti storici alla vite e al vino si trovano tra i Sumeri nell'Epopea di Gilgamesh (III millennio a.C.); testimonianze della coltura si hanno in numerosi geroglifici egizi, presso i quali il vino era bevanda riservata ai sacerdoti, agli alti funzionari e ai re. Furono i Greci ad introdurre la vitivinicoltura in Europa, già in epoca minoica. Esiodo descrive in dettaglio pratiche di vendemmia e di vinificazione e numerosi sono i riferimenti alla vite e al vino anche in Omero. Ai coloni greci si deve l’introduzione della viticoltura in Italia meridionale, dove la pianta incontrò condizioni climatiche e pedologiche ideali, al punto da far meritare alla regione il nome di Enotria. Studi paleontologici hanno però dimostrato che la pianta della vite era già diffusa in Italia, in particolare in Toscana, dove esisteva prima della comparsa degli etruschi. I Romani perfezionarono ulteriormente le tecniche vitivinicole apprese dagli etruschi, come illustrato da numerose opere, in cui si ritrovano concetti biologici e tecniche di coltura tuttora validi. Nel XIX secolo due malattie fungine e un insetto provenienti dall'America sconvolgono la vite: la peronospora della vite, l'oidio e la fillossera, che distrussero vaste estensioni di vigneti tra il 1870 e il 1950. I coltivatori furono costretti a innestare i vitigni sopravvissuti su specie (e ibridi) di origine americana (Vitis berlandieri, V. rupestris e V. riparia), resistenti alla fillossera, e a utilizzare regolarmente prodotti fitosanitari come lo zolfo e il rame per contrastare l'oidio e la peronospora. A volte la vite appare anche allo stato subspontaneo, in arbusteti e siepi presso gli abitati rurali ed in vegetazioni ruderali, su suoli limoso-argillosi mediamente profondi, neutro-subacidi, ricchi in composti azotati. Il nome generico è il nome latino della vite, che deriva da 'viere' (legare), in riferimento alla flessibilità dei rami; il nome specifico si riferisce alla coltivazione per produrre il vino. Forma biologica: fanerofita lianosa. Periodo di fioritura: maggio-luglio.
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Phoenix reclinata
La palma da datteri del Senegal è endemica dell'Africa tropicale, del Madagascar e delle Isole Comore, ove cresce dal livello del mare sino alle foreste pluviali montane. Da noi viene a volte coltivata a scopo ornamentale in parchi e giardini di aree a clima mite. I frutti sono commestibili, così come la parte centrale del fusto. Nella provincia di KwaZulu-Natal e nel Delta dell'Okavango, in Botswana, la linfa viene sfruttata poco prima della fioritura per produrre il vino di palma. Le fibre delle giovani foglie non ancora aperte vengono usate per la realizzazione di tappeti, kilt e scope. Le radici, che contengono tannino possono essere utilizzate per produrre un colorante marrone; esse inoltre producono una gomma edule. Il nome generico, già citato da Teofrasto, significa ‘fenicio’ perché sarebbero stati proprio i fenici a far conoscere la palma da dattero ai Greci; il nome specifico allude alle foglie fortemente ripiegate verso il basso. Forma biologica: fanerofita scaposa.
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Phoenix dactylifera
La palma da datteri è nota sin dall'antichità tra gli egizi, i cartaginesi, i greci, i romani e i berberi per i frutti eduli. Il tronco, più slanciato di quello della congenere Phoenix canariensis, può essere alto fino a 30 metri, ma di solito non supera i 15-20 metri. A causa dell'antichità delle coltivazioni (era già coltivata nel 4000 a.C. a Babilonia), l’areale originario non può essere determinato con certezza ma probabilmente comprendeva l'Africa settentrionale e forse l'Asia sudoccidentale. Oggi è coltivata in tutto il Maghreb, in Egitto, Arabia, nel Golfo Persico, nelle Canarie, nella zona mediterranea settentrionale e nel sud degli Stati Uniti. In Sicilia la palma da datteri è diffusissima come pianta ornamentale (ad esempio nei giardini di Palermo), ma non è sfruttata o coltivata a scopi commerciali. Le cultivar più diffuse sono 'Medjool', 'Deklet noor', 'Ameri', 'Deri', 'Halawi' e 'Zahidi', 'Berhi', 'Hiann'. Tra le varietà di dattero c'è quella definita "da amido", dalla quale si ricava il cosiddetto "pane del deserto", che rappresenta uno degli alimenti fondamentali dei beduini. Uno dei più temibili parassiti di questa pianta è il coleottero Rhynchophorus ferrugineus, noto come punteruolo rosso delle palme. Si tratta di un coleottero curculionide originario dell'Asia, propagatosi in Medio Oriente negli anni Ottanta e successivamente a tutto il bacino del Mar Mediterraneo, rivelatosi resistente a tutti i mezzi di controllo convenzionali. Il nome generico, già citato da Teofrasto, significa ‘fenicio’ perché sarebbero stati proprio i fenici a far conoscere queste piante ai greci; il nome specifico è composto da 'dactylus' (dattero, dal greco 'dactylos'), e 'fero' (io porto). Forma biologica: fanerofita scaposa.
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Viburnum opulus
Il viburno palla di neve è un albero spontaneo in Europa, Asia e Africa nord-occidentale, presente in tutte le regioni dell’Italia continentale salvo che in Puglia, Calabria e forse Valle d'Aosta, ma più diffuso nelle regioni settentrionali. Cresce in boschi umidi alveali, pioppete, siepi, dal livello del mare alla fascia montana inferiore. È una pianta rustica e facile da coltivare, molto utilizzata per la formazione di siepi in interventi di rinaturalizzazione e per scopi ornamentali; in questo caso è ampiamente coltivata la cultivar 'roseum', con infiorescenze globose costituite interamente da fiori sterili. Tutte le parti della pianta, compresi i frutti, sono tossiche. Il nome del genere è molto antico e di etimologia incerta: potrebbe derivare dal latino 'viere' (legare, intrecciare), con allusione alla flessibilità dei rami di alcune specie, utilizzati un tempo per costruire ceste, oppure da 'vovorna' (dei luoghi selvatici); il nome specifico era utilizzato dai Romani per indicare un acero, probabilmente l'acero campestre, localmente chiamato tuttora 'opi', e si riferisce alla somiglianza delle foglie lobate con quelle dell'acero. Forma biologica: fanerofita cespugliosa. Periodo di fioritura: maggio-giugno.
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Crataegus monogyna
Il biancospino è un arbusto a distribuzione eurasiatico-sudeuropea presente in tutte le regioni d’Italia. È uno dei principali costituenti di boscaglie, macchie e siepi, e appare in tutti gli stadi dinamici della vegetazione legnosa, su suoli da carbonatici a debolmente acidi; colonizza persino le pietraie, sia pur con esemplari rattrappiti e deformi, dal livello del mare alla fascia montana inferiore, con optimum nella fascia submediterranea. Viene spesso utilizzato anche come pianta ornamentale per siepi e giardini, apprezzata per la fioritura prolungata e profumata e per il colore vivace dei frutti che perdurano a lungo. Le foglie e i frutti, commestibili ma insipidi, hanno proprietà officinali. Il legno di colore rossastro, duro e compatto, viene impiegato per lavori al tornio e per la produzione di carbonella. Il nome generico deriva dal greco 'kratos' (forza), antico nome comune della pianta, in riferimento alla durezza del legno; quello specifico deriva dal greco 'mónos' (unico) e 'gyné' (femmina), per l'ovario monocarpellare. Forma biologica: fanerofita cespugliosa. Periodo di fioritura: aprile-maggio.
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Eugenia uniflora
Viene chiamata anche “Ciliegia di Cayenna”, “Pitanga” o “Ciliegia del Brasile”, in riferimento al suo areale d’origine, questa specie appartiene alla famiglia delle Mirtaceae. E’ una specie arborea di dimensioni modeste, con chioma molto ramificata e folta e foglie opposte, ovali, con margine intero, coriacee e aromatiche, molto decorative perché di colore verde intenso e lucide superiormente.
I fiori sono piccoli, con corolla di 4 petali bianchi caduchi, calice con sepali rivolti all’indietro e persistente e numerosi stami. Il frutto è una bacca tonda e schiacciata ai due poli, con coste longitudinali e contiene un unico seme grosso e rugoso. La maturazione dei frutti è scalare perciò molto decorativa, in quanto sulla stessa pianta sono presenti contemporaneamente frutti maturi di color rosso, arancioni a maturità intermedia e immaturi verdi. La polpa arancione è molto profumata, ricca di vitamina C. Il frutto viene consumato fresco o in confetture, sciroppi, gelati e bibite. In Brasile dalla fermentazione del succo si ricava una bevanda alcolica.